Martedì 23 Aprile 2024

Pnrr, "Guai a perdere il treno. Draghi era il nostro garante. E ora?"

Matteo Dell’Acqua, presidente di Yes for Europe, confederazione europea di giovani imprenditori. "I miei colleghi stranieri sono sorpresi, si erano ormai abituati a considerarci un Paese serio"

Matteo Dell’Acqua, 32 anni, ceo di AdFlex e presidente di Yes for Europe

Matteo Dell’Acqua, 32 anni, ceo di AdFlex e presidente di Yes for Europe

Roma, 22 luglio 2022 - Quando squilla il cellulare, non è un momento facile. "Perché è complicato far fronte alle proprie preoccupazioni, in una fase come questa. E perché è ancora più complicato dare una risposta allo stupore di chi, come gli imprenditori di buona parte dell’Europa, sono rimasti spiazzati dagli avvenimenti italiani. Proprio adesso che il nostro Paese aveva riacquistato credibilità all’interno dell’Ue". Matteo Dell’Acqua, 32 anni, titolare e Ceo di AdFlex, azienda che produce tubi flessibili in plastica, con sede a Busto Arsizio, tra Milano e Varese, è anche presidente di Yes for Europe, confederazione europea di giovani imprenditori. In fabbrica, come all’interno dell’associazione, la caduta del governo Draghi è l’argomento del giorno. "È una crisi di governo difficilmente comprensibile – osserva – soprattutto per le implicazioni che si porta dietro. Specie in un momento come questo, dove lavoratori e imprese rischiano di pagare un prezzo altissimo".

Cosa la preoccupa di più? "Il mancato varo o la mancata riconferma di provvedimenti di natura tecnica necessari per fronteggiare la crisi energetica. Gli sgravi fiscali, che fin qui hanno aiutato le aziende energivore, rischiano di scomparire. E sono comunque a rischio i progetti a medio e lungo termine che riguardano la transizione energetica. Un fronte importantissimo visto che la priorità è rendersi indipendenti dal gas russo".

C’è un tema infatti anche di politica estera. "Sì, e non riguarda tanto il conflitto in Ucraina quanto il posizionamento dell’Italia sullo scacchiere internazionale. Una posizione più morbida nei confronti della Russia, per esempio, che tipo di reazioni susciterebbe negli altri Paesi dell’Ue? Al di là delle opinioni che ciascuno di noi può avere, da imprenditore ritengo che l’Italia debba comunque restare all’interno di una cornice che non può essere che quella europea".

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Molti, anche fra gli industriali, temono che possano essere a rischio i fondi del Pnrr. Paure condivisibili? "Ci sono target e scadenze decisi dall’Europa che sono ancora da raggiungere. Quanto fin qui conseguito in questo campo è il frutto di una politica delle larghe intese e delle strategie di Mario Draghi. Senza un premier dalla matrice così tecnica e con i partiti concentrati nella campagna elettorale vedo il Paese in una situazione davvero difficile. E i motivi sono più di uno".

Cioè? "Il Pnrr è un treno che non possiamo perdere, perché significa rinunciare alla modernizzazione del Paese, alle riforme strutturali e alla ripartenza. Senza Draghi, chi si farà garante del conseguimento degli obiettivi? La metodologia fin qui seguita e mutuata anche a livello locale rischia di impantanarsi negli scontri elettorali. E questo è il primo punto. Secondo, il Pnrr è stato negoziato in parte come risorse a fondo perduto, in parte come finanziamenti da restituire. Un impegno, per un Paese indebitato come il nostro, che coinvolge anche le future generazioni. C’è dunque anche un problema di responsabilità".

C’è chi parla di una stagione di crisi economica alle porte. "Nel manifatturiero, il settore in cui opera la mia azienda, la domanda non è più quella di un anno fa. Le criticità, in compenso, sono rimaste le stesse. E per certi versi sono pure aumentate".

Come il costo dell’energia e quello delle materie prime. "Sono problemi che riguardano tutte le imprese. Da dieci giorni a questa parte il prezzo dell’energia è cresciuto del 20 per cento. È così da mesi, ma con una forte accelerazione proprio nell’ultima settimana. Servono nuovi interventi e servono adesso. Il governo in questo momento non è neppure nelle condizioni di completare la programmazione di bilancio. Figuriamoci cosa succederà con le forze politiche concentrate sulla campagna elettorale. Peccato che le scadenze imposte dall’Europa non cambino con le elezioni...".

Cosa dicono i suoi colleghi europei? "Sono sorpresi. Avevano imparato a considerarci un Paese serio, ora si torna nella sfera dell’incertezza. E il rischio è che l’Italia non abbia adeguata rappresentanza a Bruxelles o che la commissione europea scelga nuovi interlocutori, lasciando l’Italia fuori dai progetti di cambiamento, in un ruolo di spettatrice anziché di protagonista".