L'Italia non cresce, maglia nera d'Europa

Male anche la Germania. "Il reddito spinge il Pil, ma la fiducia è in calo"

Pierre Moscovici (sx) e Giovanni Tria (LaPresse)

Pierre Moscovici (sx) e Giovanni Tria (LaPresse)

Roma, 11 luglio 2019 - Ultima in Europa per la crescita e sorvegliata speciale per il debito. Avrà pure scongiurato la procedura d’infrazione ma l’Italia, vista da Bruxelles, non ha risolto i suoi problemi. Tanto che il commissario Ue agli Affari Economici, Pierre Moscovici, non perde l’occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe dopo le polemiche rimbalzate da Roma: "Un proverbio dice che non c’è due senza tre. Cerchiamo di smentirlo per fare in modo che la prossima legge di Bilancio dell’Italia sia finalmente quella buona". Come a dire: non è affatto detto che cambiando la Commissione cambino anche i metri di giudizio dell’esecutivo comunitario sul Belpaese. La replica del premier Conte non si fa attendere: "Abbiamo grandi potenzialità. Ora la nostra stella polare resta la crescita". Si fa sentire anche il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che ridimensiona i numeri di Bruxelles: "Non è cambiato nulla rispetto alle stime di due mesi fa".

Resta il fatto che le previsioni Ue di ieri non sono incoraggianti. Il Pil italiano, nel 2019, non andrà oltre lo 0,1%, per salire allo 0,7% nel 2020. Numeri che ci inchiodano all’ultimo posto nella classifica dei 28 Paesi europei. È vero che nei gradini più bassi troviamo anche la Germania, con uno striminzito 0,5%. Ma nel 2020 la locomotiva tedesca viaggerà a un ritmo doppio rispetto al nostro: 1,4%. Ora i riflettori della Commissione sono puntati sui rischi della prossima manovra. Anche perché quella del 2019 non ha dati i risultati sperati: "L’anno scorso il governo parlava dell’1,5%, poi siamo scesi all’1% e ora allo 0,1%. Se ne deduce che le cose non sono andate così bene come si sperava", spiega Moscovici. L’esecutivo comunitario riconosce che qualche merito sulla ripresa potrebbe prenderselo il reddito di cittadinanza, che alimenterà i consumi privati. Ma "sono fattori che possono essere attenuati da un mercato del lavoro meno dinamico e dal calo della fiducia dei consumatori".

Un circolo vizioso che può essere interrotto solo riprendendo la strada delle riforme. Un cammino obbligato dal momento che le prospettive a medio termine del Vecchio Continente sono offuscate da fattori esterni, come le tensioni commerciali globali e una "significativa incertezza politica". Non a caso, la Commissione, ha lasciato invariato a 1,2% il Pil dell’Eurozona nel 2019, ritoccando al ribasso quello del prossimo anno (dall’1,5 all’1,4%). Le previsioni a tinte fosche di Bruxelles non preoccupano Conte: "Lo stop alla procedura d’infrazione ha dato fiducia al sistema Paese. Proseguiamo sulla riduzione del debito". Ma la stabilità finanziaria non è tutto.

Per il premier è fondamentale "la piena sostenibilità sociale delle misure di politica economica, una riforma del sistema fiscale e una congrua riduzione del cuneo fiscale". Non si lascia scoraggiare neanche Tria, che replica a muso duro all’agenzia di rating Fitch, che prevede una nuova resa dei conti con Bruxelles sul debito: «Può dire quello che vuole, le riforme strutturali ci sono».

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