Piccole e medie imprese: nel 2023 l'incertezza frena gli investimenti

Secondo un'indagine della Cna su un campione di 927 aziende, per 6 su 10 è difficile fare previsioni sul 2023. Preoccupano l'instabilità politica internazionale e i rialzi dei tassi di interesse

L'incertezza sembra caratterizzare il presente dell'economia

L'incertezza sembra caratterizzare il presente dell'economia

È l’incertezza a caratterizzare il sentimento delle imprese artigiane e delle pmi nell’anno che è appena iniziato. Dopo un 2022 segnato da una forte ripresa post Covid e da altrettante incognite legate all’energia e allo scenario internazionale, gli imprenditori si trovano a fare i conti con un insieme di fattori che sembravano ormai fantasmi del passato. Dallo shock energetico, all’inflazione, passando per le tensioni causate dalla guerra in Ucraina, il 2023 non consente alle imprese di guardare al futuro con serenità.

Da un’indagine su un campione di 927 aziende, appena realizzata dalla Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna), sulle prospettive per l’anno in corso, emerge che ben sei su dieci (il 61%) hanno difficoltà a formulare una previsione sull’andamento dell’economia italiana. Tra i gli altri, la quota di chi prevede dodici mesi di difficoltà supera ampiamente quella di chi ritiene invece che l’Italia continuerà a crescere. Questo mentre il 13,5% ritiene la recessione ormai inevitabile.

Se il sentimento verso l’andamento del Pil è piuttosto negativo, un po’ di ottimismo torna se si guarda alle singole aziende. Quando gli imprenditori parlano delle loro imprese, infatti, prevalgono i dati positivi. L’area di chi ricorre al termine incertezza per descrivere la situazione attuale si restringe al 37,2% del totale, ben 25 punti percentuali in meno rispetto ai numeri relativi all’economia italiana. C’è poi un sostanziale equilibrio tra chi ritiene che il 2023 sarà un anno soddisfacente per la propria attività (29,8%) e chi pensa invece il contrario (33%).

Tutto questo non basta però a creare slancio su investimenti e occupazione. Per i prossimi dodici mesi, infatti, quasi 4 intervistati su 10 (39,5%) dichiarano di voler ridurre gli investimenti: il 27,4% parla di diminuzione e il 12,1% di forte riduzione. Questo mentre il 45,7% degli intervistati sostiene che li manterrà stabili e solo il 14% che li aumenterà. A pesare, su questo fronte, sono soprattutto i rialzi dei tassi di interesse decisi dalla Banca centrale europea che rendono il credito bancario molto più caro.

Venendo al capitolo occupazione, la maggioranza degli imprenditori si mostra prudente: il 12,2% dice che aumenterà gli organici, il 66,5% che li manterrà stabili e il 21,1%, quindi più di uno su cinque, che li ridurrà. Il quadro che viene fuori da questi due importanti indicatori, investimenti e occupazione, ci restituisce l’immagine di un futuro prossimo che, per gli imprenditori, risulta privo di certezze. Di qui la decisione, diffusa nel mondo delle imprese, di optare per una strategia attendista. Tra le priorità del Governo, secondo la Cna, ci dovrebbe essere anche un’altra criticità che emerge dall’indagine: la difficoltà delle imprese a reperire personale specializzato.

Questo potrebbe infatti essere tra i fattori che impatteranno più negativamente sulle attività, insieme al caro-energia e alle tensioni inflazionistiche. La lista dei motivi di preoccupazione è però più lunga e comprende anche il protrarsi dell’instabilità politica internazionale, di cui la guerra in Ucraina è la manifestazione più eclatante, la mancata attuazione degli investimenti previsti nel Pnrr e il peggioramento delle condizioni di accesso al credito. Tutti fattori che messi insieme, secondo le imprese intervistate nell’indagine della Cna, potrebbero incidere negativamente sull’andamento della loro attività e dell’economia italiana. Non sembra invece destare particolari timori una eventuale recrudescenza della pandemia da Covid-19.

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