Il nuovo Piano Marshall deve essere europeo

Gli Usa più distanti rispetto al 1947, oggi servono i fondi Ue. O la ripresa dopo il Coronavirus sarà più lenta che nel secondo dopoguerra

Il tavolo degli Alleati americani e britannici per definire il Piano Marshall

Il tavolo degli Alleati americani e britannici per definire il Piano Marshall

Roma, 3 aprile 2020 - Il Piano Marshall, tanto invocato in queste settimane di Coronavirus, fu preceduto, nel novembre 1943, dall’istituzione dell’Unrra, da parte delle Nazioni Unite (che si andavano costituendo), per fornire beni alimentari e fondi per la ripresa economica delle aree colpite dalla guerra. L’Italia divenne poi uno dei paesi destinatari dei soccorsi Unrra. 

Nel giugno 1947 il Segretario di Stato Usa, George Marshall, con un famoso discorso, offrì all’Europa l’aiuto economico americano per la ricostruzione dopo le rovine della Seconda guerra mondiale. A luglio ‘47, a Parigi, si riunirono i rappresentanti di 16 Stati di quella che stava diventando l’Europa occidentale (più Svizzera e Turchia, ma non quelli dell’Est sotto dominazione sovietica) per accettare gli aiuti Usa e per concordarne le modalità. 

Nel ‘48 vennero sottoscritti i primi accordi e conseguentemente venne approvata la legge italiana per la cooperazione con gli Usa. L’Italia viveva allora le pessime condizioni finanziarie e sociali del dopoguerra, cui facevano fronte gli sforzi innanzitutto del Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, e del Governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi, che proprio nel ‘48 venne eletto Presidente della Repubblica. La prima nave americana di aiuti all’Italia attraccò al porto di Genova. Gli aiuti furono finanziari, alimentari, combustibili, medicinali innovativi, materie prime, macchinari. 

Alla base degli aiuti vi era l’accordo Usa-Italia che prevedeva incrementi di produzioni, importazioni, esportazioni e di consumi. Arrivarono soprattutto cereali, carbone, cotone, rame, petrolio, fertilizzanti, ferro, acciai, macchinari, medicinali e altre materie prime. Gli aiuti americani certamente favorirono la ripresa dell’economia e delle condizioni di vita italiane. Inoltre il Piano Marshall prevedeva meccanismi di intensa cooperazione per lo sviluppo, e gli investimenti: tutto ciò fu la premessa per il “miracolo economico” italiano di un decennio dopo. Ora è molto importante l’idea di un Piano Marshall per la ricostruzione economica dell’Europa sconvolta dagli effetti del Coronavirus, ma le strategie e le modalità attuali debbono essere forzatamente diverse. Innanzitutto gli Usa ora sono assai più lontani dall’Europa, perché incentrati sui loro interessi diretti e immediati, anche se hanno promesso aiuti all’Italia. 

Il nuovo Piano Marshall, come 70 anni fa, deve essere finalizzato al sostegno della ricostruzione, a investimenti pubblici e privati e allo sviluppo produttivo, economico e sociale dell’Europa sconvolta dalla guerra sanitaria del Coronavirus. Ma questa volta il Piano deve essere anche europeo, con risorse europee, innanzitutto tratte da fondi accantonati per finalità originariamente immaginate diverse. 

Questa volta la crisi non è nata finanziaria, ma sanitaria, ma velocemente sta diventando anche gravemente economica, sociale e finanziaria. Quindi, i fondi europei accantonati in altro contesto, debbono essere impiegati subito per concorrere a prevenire una più grave crisi complessiva. Inoltre, per i fondi europei che mancassero, si deve ricorrere all’emissione di obbligazioni europee (Eurobond) con finalità specifiche di investimenti per la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione, non per ripianare i debiti di singoli Stati, pregressi all’epidemia. In mancanza di tutto ciò, la ripresa dopo il Coronavirus sarebbe più lenta di quello che potrebbe essere, anche di quello che fu la ricostruzione del secondo dopoguerra.   

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