Mercoledì 24 Aprile 2024

Per la ripresa potenziare le nostre Pmi

Bruno

Villois

euforia, in ogni aspetto della vita, è una componente positiva. In economia lo è ancora di più, perché traina i mercati finanziari e stimola la disponibilità agli investimenti: deve essere però sostenuta da fondamentali che vadano oltre il puro stato d’animo. In questa fase, le previsioni dei maggiori istituti, come le banche centrali e di affari, sono positive, grazie alla disponibilità degli enti governativi mondiali ad aumentare il debito pubblico immettendo liquidità.

Se non che, a tradurre in fatti le componenti citate, servono imprese forti, cioè sostenute da investimenti copiosi in ricerca, istruzione, formazione. Cose che da noi difettano da almeno un terzo di secolo: nelle classifiche mondiali siamo agli ultimi posti. Dalla nostra c’è stato estro, genialità e fantasia; quanto a organizzazione e investimenti, proprio non ci siamo.

Abbiamo perso imprese di grandi dimensioni in comparti strategici – Olivetti, Fiat, Ignis, Ilva di fine anni Novanta, oltre alcune marche del fashion – disperdendo un capitale immenso. Adesso siamo ai vertici della componentistica costituita però (capofila a parte, quasi sempre all’estero con una presenza di rappresentanza in Italia) da Pmi a bassa capitalizzazione, elevato indebitamento, limitata capacità di resistenza alle tensioni dei mercati, sempre più frequenti. Finalmente, dopo decenni, la Confindustria, grazie al bolognese Marchesini, vicepresidente che ha la delega della filiera, sta sollecitando le istituzioni pubbliche, insieme agli istituti di credito, a definire e partecipare a un nuovo modello in grado di aumentare la patrimonializzazione delle Pmi, in modo di renderle più robuste e aperte a fusioni. In tal caso l’euforia troverebbe più sostanza per radicarsi da noi.

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