Per il Fisco la pandemia Covid non esiste. Le tasse continuano come prima

Confcommercio: Tari aumentata in dieci anni dell’80 per cento. Confedilizia chiede di poter scalare gli affitti

Un barista

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Al tempo del Covid i soldi bisogna darli, non prenderli. Sono le parole con le quali il premier Mario Draghi ha accompagnato, nei giorni scorsi, il varo del nuovo decreto Sostegni. Ma la realtà per partite Iva e imprese, a cominciare da quelle del commercio e del turismo (le più colpite dalla pandemia), appare molto diversa. Perché, nonostante i contributi a fondo perduto, il mini-condono sulle cartelle esattoriali, il rinvio delle scadenze fiscali e qualche sconto d’imposta (dall’Imu al canone Rai), Stato ed enti locali i soldi continuano a incassarli. Come se non ci fosse stata – e non ci sia – nessuna emergenza Coronavirus.

È il caso, per esempio, della Tari. Nel 2020, secondo l’Osservatorio tasse locali di Confcommercio, nonostante il blocco delle attività a causa del Covid e la drastica riduzione di rifiuti prodotti (oltre 5 milioni di tonnellate in meno), il costo totale della tassa rifiuti ha raggiunto il livello record di 9,73 miliardi, con un incremento dell’80% negli ultimi 10 anni. Confcommercio chiede così per il 2021 l’esenzione della Tari per le attività costrette a chiusure o riduzioni d’orario e denuncia anche la mancata applicazione del nuovo metodo di calcolo della tassa (basato sul ’chi inquina di più, paghi di più’) previsto dall’Arera (l’autorità del settore) e disatteso dall’80% dei principali Comuni. Col paradosso che il 58% di chi l’ha recepito, anziché ridurre la Tari ha applicato aumenti tariffari in media del 3,8%.

Ma la tassa dei rifiuti non è l’unico adempimento fiscale che pesa sulle imprese anche in tempo di pandemia, per le quali, dal 30 aprile a giugno, ricorda Marcella Caradonna, presidente dell’ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Milano, comincerà un vero e proprio "incubo" tributario. A pesare maggiormente, avverte Vincenzo De Luca, responsabile fiscale di Confcommercio, sono Irpef e Irap, con le addizionali comunali e regionali. E a livello locale l’Imu che vale, per Confedilizia, 22 miliardi l’anno. Un’altra zavorra per le attività in crisi da pandemia sono gli affitti. Per questo Confedilizia ha chiesto l’estensione del credito d’imposta sul 60% dei canoni di locazione commerciale che, per i primi mesi del 2021, è stato previsto solo per il comparto turistico. Così come l’esenzione dal nuovo Canone unico, che ha assorbito Tosap e imposta sulla pubblicità, dovrebbe essere estesa a tutti, aggiunge De Luca, e non solo a pubblici esercizi e commercianti ambulanti.

Gli sconti fiscali, come il credito d’imposta sul 30% del canone Rai 2021 per i locali aperti al pubblico, appaiono una goccia nel mare di una pandemia che, secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio, ha prodotto nel 2020 un calo di 130 miliardi dei consumi e di 160 del Pil, con 300mila imprese del settore e 200mila attività professionali chiuse. E la mano pubblica sembra continuare a prendere di più di quel che dà. Basti pensare, secondo i calcoli dell’Ufficio studi della Cgia, che imprese e lavoratori autonomi fino a 1 milione di euro di ricavi dovranno versare quest’anno 28,3 miliardi di imposte: 22,7 di Irpef, quasi 4,3 di Ires, 780 milioni per i regimi forfettari e 500 di Imu.

Un salasso a cui aggiungere il termine, da fine aprile, dello stop alle attività di riscossione dell’Agenzia delle Entrate. E così, nonostante le rateizzazioni, adempimenti fiscali ordinari, cartelle esattoriali ed esaurimento delle moratorie su prestiti e mutui, avverte Caradonna, non possono che allarmare. E senza interventi per concedere nuove, forti diluizioni nei pagamenti, il rischio è di vedere un’esplosione dei fallimenti. Per questo, chiosa Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, "adesso il lockdown andrebbe applicato a quei 28 miliardi di tasse".

 

 

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