Giovedì 18 Aprile 2024

Pensioni, opzione donna: il governo apre a modifiche. Come potrebbe cambiare

La stretta della legge di Bilancio ha bloccato il meccanismo che consentiva ad alcune categorie di lasciare il lavoro con 35 anni di anzianità

La sede dell'Inps a Roma (Ansa)

La sede dell'Inps a Roma (Ansa)

Roma, 13 febbraio 2023 - Il governo, come anticipato, apre sul ripristino di Opzione donna vecchia maniera, ma non scopre le carte sui dettagli dell’operazione. La vera novità, però, è soprattutto la messa in campo dell’ipotesi di concedere un anticipo di 4 mesi per ogni figlio alle lavoratrici di tutte le forme previdenziali (e non solo, come accade oggi, per le lavoratrici interamente inserite nel sistema di calcolo contributivo). Sono queste le indicazioni che emergono dal nuovo round negoziale tra governo e sindacati che ha tenuto banco stamattina al Ministero del Lavoro. Dunque, al netto di Opzione donna, per la riforma complessiva delle pensioni il governo valuta l'ipotesi di estendere i quattro mesi di anticipo per le donne per ogni figlio (già previsti dalla riforma Dini solo per chi è nel contributivo pieno) a tutte le forme pensionistiche per le donne. Quattro mesi di anticipo equivarrebbero a 700 milioni di spesa in più, aggiungono, spiegando che sono in corso valutazioni tra tecnici del Lavoro e Ministero dell'Economia.

In ballo c’è anche, ma in via più immediata, la possibilità di modificare anche Opzione donna. "Il governo ha messo sul tavolo una prima intenzione di modificare la norma – spiega il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri -. Ma non ha spiegato se sarà una ulteriore modifica o il ripristino della forma precedente all'ultima legge di Bilancio che ha ristretto i criteri". Attualmente possono utilizzare la via di uscita di Opzione donna (uscita anticipata ma pensione ricalcolata con il metodo contributivo, con una penalizzazione tra il 20 e il 25 per cento) le donne dipendenti e autonome con almeno 58 anni (se con due figli), 59 (se con un figlio) e 60 (senza figli) purché abbiano almeno 35 anni di contributi e rientrino in una delle seguenti categorie: invalide, caregiver, disoccupate. I requisiti devono essere stati maturati entro il 31 dicembre scorso.

Il problema è che la stretta sul ricorso al meccanismo indicato è arrivata con la legge di Bilancio per il 2023, quando, invece, per tutto lo scorso anno era stata data per scontata la proroga del sistema alle condizioni previste per gli anni passati. In sostanza, si poteva utilizzare la formula senza restrizioni, ma solo con i 35 anni di contributi e i 58-59 anni di età rispettivamente fissati per le lavoratrici dipendenti e per le autonome, senza altre condizioni. "Più che un'opzione – sottolineano dal patronato Inac Cia - si è rivelata una 'Illusione donna', che ha frenato la quasi totalità della platea di lavoratrici pronte a uscire anticipatamente dal mondo del lavoro. Con la nuova Opzione donna sono circa 40mila le lavoratrici esodate, a fronte di 2.500 donne che nel 2023 rispecchiano i requisiti per la nuova pensione anticipata".

A questo punto, anche sulla spinta di molteplici pressioni del sindacato e dei comitati Opzione donna, il governo punta a correre ai ripari. Come? Con una correzione parziale della stretta. In sostanza, le lavoratrici che abbiano raggiunto i vecchi requisiti entro la fine di giugno dello scorso anno dovrebbero poter andare in pensione secondo la vecchia formula. La novità dovrebbe diventare operativa entro fine mese con il via libera al nuovo provvedimento in cantiere.

L’incontro di oggi, comunque sia, vede i sindacati tendenzialmente favorevoli alle novità in arrivo. "È l'inizio di un percorso, la nostra valutazione è positiva perché abbiamo iniziato a ragionare per entrare nel dettaglio", avvisa il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga. Il confronto sulla riforma delle pensioni è "utile nel metodo e nel merito", in quanto "si è condiviso un percorso complessivo che vedrà i sindacati lavorare insieme con ministero", insiste Paolo Capone, segretario generale dell`Ugl. Mentre dalla Cgil si mantengono più cauti: "Un incontro assolutamente interlocutorio da cui non abbiamo avuto risposte a partire dal ripristino delle condizioni per l'accesso a Opzione donna. Un segnale che non fa ben sperare sulla credibilità e la serietà di un percorso che avrebbe ben altra ambizione".

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