La ministra Calderone: "Il 2023 sarà l’anno delle nuove pensioni. Poi tocca al reddito"

La titolare del Lavoro annuncia la riforma strutturale della previdenza. "Sull’assegno di cittadinanza obbligo di formazione per gli under 39. E metteremo un argine anche all’emergenza degli infortuni"

Roma, 16 dicembre 2022 - La manovra per il 2023, con le proroghe delle varie formule transitorie di flessibilità in uscita e gli ultimi nodi in via di soluzione, sarà solo un ponte verso la riforma organica della previdenza. E lo stesso criterio ispira le regole provvisorie per il Reddito di cittadinanza. Per entrambi gli snodi cruciali del welfare l’anno prossimo, già da gennaio, sarà quello del riassetto strutturale degli interventi. A indicarlo in modo netto è la ministra del Lavoro, Marina Calderone, da decenni impegnata come esperta sui fronti delicati del mercato del lavoro, per il quale mette a fuoco altri due obiettivi: contrastare decisamente l’emergenza infortuni e "morti bianche" e "rimuovere le barriere che si frappongono fra la domanda e l’offerta di lavoro".

Marina Elvira Calderone, ministro del Lavoro
Marina Elvira Calderone, ministro del Lavoro

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Il 2023, dunque, sarà l’anno della nuova riforma delle pensioni?

"Con il 2023 vorremmo razionalizzare gli strumenti di pensionamento esistenti. È un lavoro complesso che riguarda tutte le gestioni previdenziali, ne siamo consapevoli. Ma abbiamo chiaro il metodo: aprire un confronto con tutti i soggetti istituzionali e rappresentativi interessati. Al fine di elaborare una proposta governativa da sottoporre al Parlamento. Il primo tavolo di confronto con le parti sociali si terrà nei primi giorni del prossimo anno".

Nel suo piano si conferma l’intenzione di arrivare alla riforma complessiva anche del reddito di cittadinanza, per cancellarlo definitivamente nel 2024?

"Abbiamo ritenuto importante dare un segnale: superare la logica meramente assistenziale della gestione del reddito di cittadinanza che ha prevalso in questi anni e collocare progressivamente gli attuali occupabili nell’ambito delle ordinarie misure di politica attiva e di formazione, peraltro in corso di rafforzamento e di riforma. Vorrei segnalare che più della metà dei percettori occupabili – il 51% – ha meno di 39 anni. Riportare queste persone in percorsi obbligatori di formazione ed attivazione al lavoro è un segnale che riteniamo necessario dare al Paese".

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C’è chi obietta che, così, si toglie l’unico aiuto anche a persone che non possono lavorare?

"Rispondo che mai – da quando il governo si è insediato – è stato messo in discussione il sussidio per le persone e le famiglie in condizione di fragilità. Ossia per coloro che si trovano in nuclei con minori, disabili o persone con almeno sessant’anni di età`, donne in stato di gravidanza. A queste persone sarà garantita attenzione anche in futuro. Chi può lavorare va, invece, necessariamente coinvolto in percorsi di inclusione al fine di essere integrato in un sistema universale di attivazione al lavoro. Ci siamo impegnati per una riforma delle politiche attive in grado di renderle davvero funzionali, perché resto convinta che la migliore misura di inclusione sociale è e deve restare il lavoro".

L’altra frontiera di grave emergenza rimane quella della sicurezza sul lavoro. Come intende intervenire?

"La sicurezza sul lavoro rappresenta certamente un’emergenza. Dai dati relativi sugli infortuni emerge un quadro allarmante: tre incidenti mortali ogni giorno. Nel 2023 il ministero, anche in coerenza con gli obiettivi dell’Unione europea e, in particolare, con il nuovo quadro strategico 2021-2027 in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, attiverà una serie di azioni dirette a rafforzare ed implementare la diffusione della cultura della salute e della sicurezza".

Può anticiparci la sua strategia?

"Interverremo certamente sulla normativa di riferimento, per renderla più compatibile e soprattutto attuabile dalle piccole e medie imprese – che rappresentano il 90% del nostro tessuto produttivo – e che abbia la formazione dei dipendenti quale primo obiettivo da perseguire. Sono convinta che la sicurezza sia anche una questione culturale sulla quale investire prima che le persone comincino a lavorare. In tal senso sarà promossa una campagna di informazione in tutte le scuole di ordine e grado per preparare i lavoratori di domani".

Il fenomeno degli infortuni è collegato «anche» al lavoro sommerso?

"Lo è inevitabilmente. Contrastare le forme di lavoro irregolare e non in linea con il rispetto delle norme risponde tanto alla volontà di garantire la tutela di salute e sicurezza dei lavoratori quanto a quella di permettere alle aziende corrette di competere su un mercato non viziato da concorrenza sleale. In quest’ottica, intensificheremo le azioni ispettive a contrasto del lavoro nero e del caporalato. Tali attività saranno utili anche per verificare il corretto impiego delle risorse stanziate per le aziende in crisi e per gli strumenti di integrazione al reddito".

Anche assumere e gestire un rapporto di lavoro è spesso un’impresa. I datori di lavoro lamentano l’eccesso di burocrazia. È alle viste una necessaria semplificazione?

"Procederemo in maniera molto pratica. L’evoluzione del quadro normativo nel tempo ha appesantito l’attività delle aziende con oneri formali e burocratici. Possiamo semplificarne la gestione, sfruttando a nostro vantaggio l’evoluzione tecnologica per far dialogare le diverse banche dati della pubblica amministrazione. Molto spesso lo Stato chiede dei dati alle imprese di cui è già in possesso. Lavoreremo anche sul riordino delle agevolazioni per le assunzioni con l’obiettivo di renderle più accessibili alle aziende che, non di rado, vi rinunciano per la complessità burocratica. Ci impegneremo, poi, a scrivere norme di più facile applicazione e comprensione".

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