Pensioni gennaio 2023: perché gli aumenti non sono (ancora) arrivati

Sono settimane che sentiamo parlare di rivalutazione delle pensioni, ma ecco che cosa è successo. Gli importi e i tagli progressivi alla perequazione

Roma, 3 gennaio 2023 - Pensioni: alla fine anche il governo Meloni ha seguito una prassi ormai radicata: il taglio della rivalutazione. È infatti dal 2012 che i governi fanno cassa riducendo l’ammontare della perequazione, ovvero di quanto devono aumentare gli assegni per tenere il passo del costo della vita.

Aumento pensioni 2023, come calcolare la rivalutazione: esempi e simulazioni

Da quest’anno, saranno rivalutate in misura piena, pari cioè al 100% dell’inflazione, solo le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo, circa 2.100 euro lordi. Gli importi superiori, invece, subiranno dei tagli progressivi. Ma andiamo con ordine.

Le rivalutazioni delle pensioni per il 2023
Le rivalutazioni delle pensioni per il 2023

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Pensioni e rivalutazione, cosa succede

Innanzitutto, la perequazione prevede la fissazione del tasso di inflazione sulla base del quale rivalutare le pensioni. Questo viene ufficializzato con decreto ministeriale sulla base del valore medio dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato sull'anno precedente quello della rivalutazione. Per il 2022 è stato fissato al 7,3%. Eventuali scostamenti rispetto al tasso di inflazione previsto e quello effettivamente registrato verrano recuperati l’anno successivo. Per fare un esempio, se nel 2022 risultasse che i prezzi sono cresciuti del 10%, alcuni pensionati (quelli sotto quattro volte il minimo) riceveranno un conguaglio del 2,7%. La novità prevista dalla legge di bilancio per il 2022 era che, a partire dal 2023, sarebbero tornate in vigore le regole ordinarie con cui calcolare la perequazione, quelle fissate dalla legge 388/2000. Secondo tale norma, scattano aumenti diversi per tre scaglioni d’importo: 100% sino a 4 volte il minimo, 90% tra 4 e 5 volte e 75% se superiore a 5 volte.

Tuttavia, con la manovra del 2023 c’è stato un cambiamento e per il biennio 2023-2024 si prevedono sette fasce di rivalutazione a seconda dell’importo del trattamento pensionistico. È inoltre ripristinato il meccanismo della rivalutazione sull’importo complessivo del trattamento e non più a scaglioni, un sistema più penalizzante per le pensioni più elevate.

Come cambiano gli importi

Vediamo come cambiano gli importi. Le pensioni fino a quattro volte il minimo (2.101,52 euro al mese lordi) riceveranno la rivalutazione completa (il 7,3%). Per gli assegni tra le quattro e le cinque volte (da 2.102 a 2.627 euro) la rivalutazione sarà dell'85%; sarà del 53% per gli assegni tra le cinque e le sei volte il minimo (2.627 euro a 3.152 euro) per poi scendere al 47% per quelle tra sei e otto volte il minimo da (3.152 euro a 4.203 euro), al 37% per quelle tra otto e dieci volte (fino a 5.254 euro) e al 32% oltre le 10 volte.

In pratica per gli assegni lordi superiori a 5.253 euro al mese la rivalutazione si limiterà al 2,33% con la perdita di quasi cinque punti. Le nuove fasce sono più restrittive con chi riceve assegni superiori a quattro volte il minimo: una pensione di 3mila euro lordi al mese al 31 dicembre 2022 sarà rivalutata in modo secco del 3,869%, cioè 116 euro al mese. Con le vecchie regole, invece, l’aumento sarebbe stato di 208 euro al mese. Allo stesso modo, una pensione di 6mila euro lordi, riceverà 140 euro di aumento contro i 373euro che avrebbe ottenuto in precedenza. Al contrario, chi riceve una pensione non superiore al trattamento minimo (cioè 525,38 euro) godrà di una rivalutazione straordinaria dell’1,5% (in totale recupererà un’inflazione dell’8,8%) che porterà l’assegno minimo a circa 572 euro al mese (per tutto il 2023, compresa la tredicesima).

Cosa succede per i pensionati da 75 anni in su

Per i pensionati dai 75 anni in su, infine, l’assegno mensile minimo raggiungerà i 600 euro al mese (invece che 563, come sarebbe stato con la rivalutazione completa, fissata al 7,3%). Va detto che, a causa dell’elevata inflazione sperimentata l’anno appena concluso, il governo Draghi, con il decreto 115/2022, aveva anticipato a novembre 2022 il conguaglio (+0,2%) sulle pensioni percepite nel 2022, tredicesima compresa. Questo perché si è registrata una differenza tra il tasso di inflazione stimato (+1,7%) e quello reale e definitivo (+1,9%). Il conguaglio è stato anticipato di 2-3 mesi rispetto al solito, quando il pagamento avviene nei primi mesi dell’anno successivo. Nel decreto Aiuti-Bis, inoltre, è stato stabilito di versare un anticipo del 2% della rivalutazione delle pensioni fino a 2.962 euro lordi riferita al 2022, a valere sull’ultimo trimestre 2022 e tredicesima.