Pensioni, entro l’autunno si cambia. Ecco le ipotesi

Martedì parte il tavolo tra ministro e sindacati. Ma le idee del governo e delle forze politiche sono molto diverse

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando (foto Imagoeconomica)

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando (foto Imagoeconomica)

Pochi giorni e da martedì prossimo, con l’apertura del tavolo governo sindacati sulla previdenza, scatterà il conto alla rovescia per trovare una o più soluzioni flessibili che sostituiscano Quota 100, in modo da evitare che scatti dal primo gennaio prossimo lo scalone di cinque anni di aumento di colpo dell’età pensionabile da 62 a 67 anni. E’ questo il nodo che il ministro Andrea Orlando dovrà sciogliere da ora all’autunno quando si dovrà inserire l’intervento nella legge di Bilancio per il 2022. E non sarà certo agevole trovare una via d’uscita. Tanto più che anche l’approvazione della riforma degli ammortizzatori sociali appare destinata al rinvio in autunno. Le posizioni in partenza sono lontanissime: i sindacati spingono per forme di flessibilità a partire dai 62 anni o, in alternativa, con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, mentre il governo punta di fatto ad allargare l’ape social e a introdurre qualche sconto per i lavori gravosi e per le lavoratrici attraverso l’opzione-donna. Con l’aggiunta, semmai, della proroga di due agevolazioni acchiappa-contributi e anni pregressi: da un lato, gli incentivi per coprire "a buon prezzo" periodi passati non coperti da versamenti e da lavoro e, da un altro lato, il maxi sconto per il riscatto della laurea, con il vincolo, in entrambi i casi, che le possibilità valgono per chi ha contributi dal 1995 in avanti.

Di fronte alla convocazione di Orlando i leader di Cgil, Cisl e Uil hanno proposto di nuovo la loro piattaforma "Cambiare le pensioni adesso". I capisaldi riguardano: flessibilità in uscita dopo 62 anni di età, o dopo 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica (bocciata dall’Inps, però, perché troppo costosa, oltre 9 miliardi a fine decennio), tutela delle donne, duramente colpite dell’inasprimento dei requisiti pensionistici degli ultimi anni; tutela dei lavori di cura, di chi svolge lavori usuranti e gravosi; sostegno dei redditi dei pensionati; rilancio della previdenza complementare.

Col corollario della pensione di garanzia per i giovani, lavoratori discontinui e con basse retribuzioni: un punto, quest’ultimo, sul quale si sono registrate le più significative aperture del ministro, anche come priorità rispetto agli altri capitoli. Il governo, almeno nella sua versione più tecnica, una volta archiviata Quota 100, intende irrobustire soluzioni collaudate ma non generalizzate: dall’opzione donna (uscita con 35 anni di contribuzione e 58 anni d’età, 59 se autonome) all’Ape sociale (prevista da 63 anni per le categorie che svolgono mansioni faticose), fino ai lavori usuranti veri e propri e ai lavoratori cosiddetti fragili. Una via, questa della flessibilità soft, che non piace per niente ai sindacati e non va giù alla Lega: da qui la proposta di soluzioni come Quota 102 o come Quota 41, indicate anche dal sottosegretario leghista all’Economia, Claudio Durigon. A fare da trait d’union tra governo e parti sociali in questa difficile trattativa c’è, però, il potenziamento del "contratto di espansione": un accordo aziendale per mandare in pensione fino a 5 anni prima i lavoratori anziani. In campo c’è, però, anche l’Inps.

E proprio dall’Inps, attraverso il Presidente Pasquale Tridico, viene un’altra proposta di riforma: prevede la divisione in due dell’assegno pensionistico: la parte contributiva condurrebbe a una uscita verso i 62-63 anni con 20 anni di contribuzione e al relativo pagamento. Sarebbe questa la parte da collegare alla "staffetta generazionale". La parte retributiva si potrebbe raggiungere invece al compimento dei 67 anni.

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