Come andare in pensione nel 2023: i nove modi, dall'Ape Social all'isopensione

Le vie per le pensioni sono (quasi) infinite: mettiamole in fila e vediamo cosa cambia con le novità introdotte dalla Legge di Bilancio

Roma, 3 gennaio 2023 – Anno nuovo, vie nuove, ma anche vecchie per andare in pensione. E, dunque, vale la pena mettere in fila tutte le possibilità offerte, quelle confermate e quelle introdotte o prorogate dalla legge di Bilancio, per l’uscita dal lavoro nell’anno in corso.

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Le vie delle pensioni sono (quasi) infinite
Le vie delle pensioni sono (quasi) infinite

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Sommario

Pensione di vecchiaia

Dal primo gennaio scorso la pensione di vecchiaia si conquista, come per gli anni passati, a 67 anni di età. E la soglia dell’età pensionabile, frutto della riforma Fornero, vale per uomini e donne, dipendenti pubblici e privati, lavoratori autonomi. Serve anche un minimo di 20 anni di contributi.

Pensione anticipata

L’anzianità contributiva richiesta per il pensionamento anticipato nel 2023, come negli anni precedenti, è differente per gli uomini e per le donne. I lavoratori, a prescindere dal settore, devono raggiungere i 42 anni e dieci mesi di contributi. Le lavoratrici, anche in questo caso a prescindere dal settore, devono raggiungere i 41 anni e dieci mesi di contributi.

Ape social

La manovra prevede anche la proroga per un anno dell’Ape social, che si può ottenere dai 63 anni per coloro che si trovano in condizioni di disagio: disoccupati, coloro che assistono familiari disabili, persone con invalidità pari almeno al 74% e chi, con 36 anni (o con 30) di contributi, svolge lavori gravosi (come, per esempio, operai edili, autisti di mezzi pesanti, badanti, infermiere ospedaliere, maestre d’asilo, macchinisti, addetti alle pulizie).

Anticipo precoci

Confermato anche l’anticipo per i precoci, i lavoratori che hanno cominciato a lavorare durante la minore età. E che possono accedere alla quota 41, a patto che prima dei 19 anni abbiano lavorato per almeno 12 mesi e che rientrino nelle categorie disagiate valide anche per l’ape social.

Quota 103

E’ la nuova possibilità di uscita prevista per il 2023: sostituisce Quota 102. I lavoratori privati e pubblici, dunque, possono andare in pensione l’anno prossimo con almeno 62 anni di età e 41 di contributi. La finestra è di tre mesi per i privati e di sei per i pubblici ed è mobile. E’ fissato il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro oltre i 5 mila euro.

Opzione donna

Prorogata di un anno, ma con notevoli restrizioni, la cosiddetta Opzione donna. Possono utilizzare la via di uscita (uscita anticipata ma pensione ricalcolata con il metodo contributivo, con una penalizzazione tra il 20 e il 25 per cento) le donne dipendenti e autonome con almeno 58 anni (se con due figli), 59 (se con un figlio) e 60 (senza figli) purché abbiano almeno 35 anni di contributi e rientrino in una delle seguenti categorie: invalide, caregiver, disoccupate.

Lavori gravosi

Per i lavoratori che svolgono attività considerate gravose (15 categorie, le stesse stabilite per l’Ape social e per l’accesso anticipato dei lavoratori precoci), senza che abbiano raggiunto i 36 anni di contributi, i requisiti di acceso alla pensione sono gli stessi del 2018, senza incrementi: 66 anni e 7 mesi di età.

Lavori usuranti

I requisiti per il pensionamento agevolato per i lavoratori che svolgono attività usuranti nel 2023 e fino al 2026 sono: quota 97,6 con almeno 61 anni 7 mesi di età e 35 anni di contributi. In sostanza, per i lavoratori che hanno svolto queste attività più pesanti di quelle gravose non scattano i rialzi dell’aspettativa di vita almeno fino al 2026

Anticipo pensione con "isopensione"

Nel novero delle vie d’uscita antipate rientra anche la cosiddetta «isopensione» nuova versione che contempla la possibilità di uscita con cinque anni di anticipo, a condizione che l’impresa paghi un’indennità pari alla pensione maturata, senza versare, però, anche i contributi per gli anni di anticipo come nella versione originaria del meccanismo. Per l’operazione, che può realizzarsi solo in imprese con più di 1000 dipendenti, serve un accordo con i sindacati.