Pensioni, la doppia beffa dell’Ape. Domande bocciate e rinvii al 2018

Anticipo volontario mai partito. E la burocrazia frena quello social

Una manifestazione sulle pensioni

Una manifestazione sulle pensioni

Roma, 15 ottobre 2017 - La doppia beffa dell’Ape. A dieci mesi della legge di Bilancio che ha introdotto i due strumenti, quello social e quello volontario, per agevolare il pensionamento dei lavoratori in condizioni di disagio o che comunque volessero lasciare il lavoro, siamo praticamente all’anno zero. L’anticipo facoltativo non è mai partito e se tutto va bene se ne parlerà nel 2018. Quello gratuito è rimasto impantanato nelle pastoie burocratiche tra Inps e ministero del Lavoro, con oltre il 70 per cento delle domande respinte e con la prospettiva di una nuova, estenuante attesa. Per l’annunciato riesame delle istanze bocciate ci vorrà tempo e alla fine, secondo fonti beninformate, non si riuscirà ad andare oltre il 50 per cento degli ammessi: circa 33mila su 66mila richieste.

Partiamo dall’Ape social. La scadenza per la pubblicazione della graduatoria è fissata per oggi. Ma, dopo l’allarme lanciato dall’Inca-Cgil sul rischio che fosse stata respinta la stragrande maggioranza (oltre 46mila su 66mila) delle domande presentate a luglio per l’anticipo gratuito e per l’uscita agevolata riservata ai precoci, il ministero del Lavoro ha chiesto all’Inps di riaprire la partita e utilizzare criteri di valutazione meno rigidi, formalistici e burocratici. Il presidente dell’Istituto, Tito Boeri, pur addossando al dicastero di Via Veneto la responsabilità della stretta, ha accettato la direttiva. Tutto a posto, dunque? Che cosa accadrà ora? Migliaia di lavoratori possono tornare a sperare? E quali nello specifico? Bocche cucite ufficialmente in Inps come al ministero del Lavoro. E, aggiungiamo, guerra sotterranea in corso tra le due strutture sulla responsabilità del pasticcio. Ma, secondo gli addetti ai lavori vicini al dossier, il riesame d’ufficio potrà riguardare i disoccupati esclusi, con l’accoglimento anche delle domande di coloro che durante la disoccupazione hanno avuto periodi di occupazione attraverso voucher, lavoro in somministrazione, lavoro a termine. È la categoria più numerosa (oltre 34mila domande) e si potrà forse arrivare alla riammissione di circa 10mila persone. Il pasticcio nel pasticcio, però, tocca le cosiddette attività gravose: dall’Inps si attribuisce la «colpa» delle numerose esclusioni (oltre la metà delle 15mila domande) ai responsi di Inail e dello stesso ministero. E, dunque, dall’Istituto si invieranno gli elenchi dei bocciati al ministero perché si assuma l’onere di ammetterli. In totale, secondo gli esperti del caso, non si potrà arrivare oltre le 33-35mila domande ammesse: siamo al 50 per cento delle istanze presentate. «Di più – spiega una fonte – non si potrà andare perché, è inutile girarci attorno, il decreto attuativo dell’Ape è scritto in maniera tale da lasciar passare veramente poche istanze. E allora è paradossale prendersela con gli uffici che lo devono applicare». Dunque: altro che prevedere nuove risorse per accogliere le domande in più o le nuove. I fondi stanziati per l’anno in corso bastano e, anzi, avanzeranno. Arriviamo così al capitolo Ape volontario. Annunciato a inizio settembre in pompa magna come operativo a breve dallo stesso premier Paolo Gentiloni, questo strumento non è mai decollato. Il decreto attuativo è fermo alla Corte dei Conti e se anche venisse sbloccato a breve, tra pubblicazione in Gazzetta e circolari Inps, arriveremmo a dicembre. E, insomma, al 2018. Senza contare che, nel frattempo, la manovra in arrivo avrà provveduto a correggere una misura mai avviata.

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