Giovedì 18 Aprile 2024

Pensioni, prestito per l'anticipo. Il debito si pagherà in 20 anni

Proposta del governo per l'uscita anticipata dal lavoro: soldi da banche e fondi. Restituzione a rate, nessun taglio sull'assegno

Il ministro del Lavoro Poletti (Ansa)

Il ministro del Lavoro Poletti (Ansa)

Roma, 15 giugno 2016 - Il governo lancia l’Ape personalizzata. O, detto diversamente, nasce il supermarket della flessibilità in uscita, con le formule più varie e modulabili – una sorta di anticipo-pensione fai da te – per garantire la possibilità di lasciare il lavoro con tre anni di anticipo rispetto all’età standard (a 63 anni e sette mesi invece che a 66 e sette mesi). Il tutto basato su un prestito pensionistico, erogato dalle banche, ma che i lavoratori interessati potranno chiedere all’Inps, con la previsione di rimborsarlo in venti anni attraverso una rata massima che graverà sulla pensione fino a un massimo del 15 per cento.

E’ questo lo schema-base del congegno previdenziale in arrivo dal prossimo anno, illustrato ieri dal ministro Giuliano Poletti e dal sottosegretario alla Presidenza Tommaso Nannicini al tavolo con i sindacati. Un meccanismo di flessibilità che prevede diverse varianti: per i redditi più bassi dovrebbero essere previste detrazioni fiscali ad hoc che di fatto potrebbero annullare o attenuare il costo del rimborso e, dunque, il taglio dell’assegno; per i disoccupati più anziani (una sorta di nuovi esodati) dovrebbe essere lo stesso Stato a farsi carico dei rimborsi; per i lavoratori in esubero sarebbe prevista la partecipazione delle imprese al finanziamento del pacchetto. E non è finita. I lavoratori che hanno aderito alla previdenza integrativa potrebbero chiedere ai loro fondi pensione la cosiddetta Rita (rendita integrativa anticipata): un’anticipazione della pensione complementare. In questo modo potrebbero chiedere un prestito di importo inferiore, ma si brucerebbero comunque una fetta della futura pensione complementare.

Quel che è certo è che senza questa architettura la flessibilità costerebbe alle casse pubbliche circa 10 miliardi. Con queste soluzioni lo Stato non dovrebbe metterci più di un miliardo.

Il governo, infatti, ha ribadito la necessità di tenere insieme l’equilibrio dei conti pubblici con l’equità sociale e l’intenzione di concentrare le risorse sulle situazioni più problematiche e quindi soprattutto su chi a pochi anni dall’età di vecchiaia ha perso il lavoro o rischia di perderlo. L’intenzione è di introdurre flessibilità in uscita senza modificare la legge Fornero, utilizzando strumenti finanziari. Il sottosegretario Nannicini ha spiegato che il meccanismo di anticipo pensionistico sarà sperimentale per tre anni e che riguarderà l’anno prossimo i nati tra il 1951 e il 1953 (si estenderà nel 2018 ai nati nel 1954 e nel 2019 ai nati nel 1955).

In pratica chi è distante meno di tre anni dall’accesso alla pensione potrà chiedere all’Inps di certificare il requisito e di accedere allo strumento. Il montante pensionistico sarà quello raggiunto al momento della richiesta dell’anticipo mentre il coefficiente di trasformazione sarà quello del momento nel quale si raggiunge l’età di vecchiaia. L’istituto di previdenza si interfaccerà con istituti finanziari che anticiperanno il capitale. Il prestito, ha spiegato Nannicini, sarà "senza garanzie reali" e in caso di premorienza non ci si rivarrà sugli eredi. I leader di Cgil, Cisl e Uil intanto apprezzano l’avvio del confronto di merito, che proseguirà con gli altri appuntamenti in calendario. «C’è la disponibilità del governo a entrare nel merito di vari aspetti», ha commentato il segretario della Cgil, Susanna Camusso, auspicando che il confronto «produca dei risultati. Ad oggi abbiamo iniziato. C’è qualche novità positiva. Non ci sono più le penalizzazioni». Parla di «clima cambiato» il numero uno della Cisl, Annamaria Furlan, perché «si è attivato un confronto vero. Credo che dovremo proseguire con questo spirito.

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