Pensioni 2023: requisiti per vecchiaia e anticipata. Come si calcolano le quote

Atteso in gennaio il confronto tra governo e sindacati sull'adeguamento legato all'aspettativa di vita

Persone in fila alla posta

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Roma, 29 dicembre 2022 - Fino al 2026 l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia e gli anni di contribuzione per quella cosiddetta anticipata (che tanto anticipata non è (perché parliamo di un livello di anzianità contributiva elevata) sono bloccati provvisoriamente ai livelli attuali: 67 anni di età e 41 o 42 anni e 10 mesi, a seconda che si tratti di lavoratrici o di lavoratori. Ma uno dei pilastri del sistema previdenziale (la cosiddetta speranza di vita) dovrà essere per forza di cose al centro del confronto tra governo e sindacati da gennaio prossimo in vista della nuova riforma pensionistica. Si dovrà decidere, infatti, quale sorte dovrà avere il meccanismo automatico che lega l’andamento dei requisiti per lasciare il lavoro all’andamento dell’età media.

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Per comprendere meglio il congegno vale la pena fare un passo indietro. Dal 2009-2010 è stato introdotto un meccanismo automatico che lega l’età pensionabile e gli altri requisiti alla cosiddetta aspettativa o speranza di vita.  Il principio, in fondo, è semplice: a mano a mano che si vivrà più a lungo, si dovrà lavorare anche di più e, di conseguenza, l’asticella del pensionamento si allontanerà nel tempo. 

In pratica, a cominciare dal 2013, ogni tre anni (e poi ogni due dal 2019) l’età pensionabile e l’anzianità contributiva sono stati adeguati all’aumento della speranza di vita come calcolato dall’Istat. Questo vuol dire che se l’Istituto di statistica ha stabilito che si vive più a lungo in media di x anni, più o meno automaticamente l’età di pensionamento per vecchiaia e l’anzianità sono stati incrementati proporzionalmente. Il primo adeguamento è scattato esattamente dal 1° gennaio 2013 ed è stato di tre mesi. Il secondo ha avuto luogo nel 2016 ed è stato di 4 mesi.  Il terzo adeguamento è scattato il 1° gennaio 2019 in misura pari a 5 mesi. Il quarto adeguamento, per il biennio 2021-2022 è stato nullo a causa del rallentamento della speranza di vita, così come il quinto adeguamento previsto per il biennio 2023-2024. 

Nel frattempo, però, è prevalsa a livello politico l’esigenza di fermare la progressione, anche prima che vi provvedesse la pandemia, e così fin dal 2016 è stato disposto il blocco degli adeguamenti innanzitutto per i lavoratori impiegati in attività particolarmente gravose e usuranti e in lavorazioni notturne. In secondo luogo, negli anni successivi, il blocco è stato esteso a coloro che svolgono mansioni gravose (quelle previste per l’Ape sociale) e alla fine alla pensione anticipata per tutti. 

Il risultato è che per la pensione di vecchiaia siamo, senza blocchi, a 67 anni e a tale livello resteremo certamente fino al 2023-2024, anche se secondo la Ragioneria generale dello Stato i 67 anni potranno essere mantenuti fino al 2026, mentre dal 2027 si dovrebbe salire a 67 e 2 mesi. La pensione anticipata ha avuto uno sconto di 5 mesi e sarà ferma a 41 anni e 10 mesi per le donne e a 42 e 10 mesi per gli uomini fino al 2026. Dal 2027 dovrebbe salire a 42 e 43 anni. Ma la partita è tutta da giocare perché la spinta dei sindacati è quella di fermare il processo di adeguamento automatico per sempre.