Pensioni, quanto e come valgono i contributi figurativi

Servono per l’età della pensione? Quanto incidono sull’importo? Come si calcolano? Tutte le risposte

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In più occasioni abbiamo parlato dei contributi figurativi, quelli che sono riconosciuti per periodi di non lavoro o di cura sia d’ufficio sia su richiesta. Ma quanto e per che cosa valgono i contributi figurativi?

Diciamo subito che tornano utili sia per il raggiungimento dei requisiti contributivi richiesti per i diversi tipi di pensione sia per il calcolo del loro importo. E’ questo il significato dell’espressione che si può leggere da qualche parte: utili per il diritto e per la misura della pensione. In particolare, ai fini dell’ammontare della vostra prestazione sono valutati, per settimana, a seconda della situazione a cui si riferiscono, o in maniera “reale” (sulla base di quello che sarebbe stato lo stipendio effettivo per il relativo periodo) o in modo convenzionale (con la determinazione di un loro valore standard). E questo incide direttamente sull’importo della pensione sia che venga conteggiata con il metodo contributivo, come è ovvio, sia che venga calcolata con quello retributivo (ma in questo caso solo se rientrano nell’arco temporale utilizzato per la determinazione della rendita).

In particolare, se si tratta di disoccupazione (con indennità ovviamente), maternità e malattia, congedi parentali, servizio militare, assenze per assistenza ai disabili e donazione di sangue, i relativi contributi figurativi sono valutati e accreditati, a settimana, sulla base della media delle retribuzioni che si sono ricevuto per le fasi effettivamente lavorate nello stesso anno o in quello precedente. Nel caso della cassa integrazione e della mobilità, la contribuzione riconosciuta si fonda sullo stesso valore dello stipendio preso come base per calcolare le relative indennità. Per i riposi per l’allattamento, i congedi parentali superiori a sei 6 mesi a genitore o chiesti per assistere bambini di età tra i tre e gli otto anni, come anche per le assenze per malattia dei bambini dai tre agli otto anni, il valore settimanale del contributo figurativo è pari al 200% dell’importo “settimanale” dell’assegno sociale nell’anno di riferimento. Ma in questo caso, come indicato, potrete “integrare” la contribuzione più bassa accreditata attraverso versamenti volontari o il riscatto. Attenzione, però. Il fatto che siano validi a tutti gli effetti non vuol dire che i contributi figurativi siano esattamente uguali a quelli obbligatori sempre e comunque. Innanzitutto non possono essere “contati” per raggiungere i requisiti richiesti per continuare a versare volontariamente. Ma non è finita. Anzi.

Per le “vecchie” pensioni di anzianità, infatti, se avete cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1992, la contribuzione di cui parliamo può essere presa in considerazione per conquistare il requisito contributivo dei 35 o 36 anni solo entro il limite dei cinque anni. Non solo. Sempre per le “precedenti” rendite anticipate, i contributi per malattia e disoccupazione non valgono per tagliare il traguardo dei 35 o 36 anni, ma per quello dei 40 sì. Per la pensione di vecchiaia new style a 70 anni o per quella a 63 anni, destinate ai neoassunti dal 1° gennaio 1996, i cinque o i venti anni di contribuzione richiesti devono essere effettivi, con esclusione di quelli coperti figurativamente. Certo è, però, che una volta superato il varco del requisito per avere titolo alla prestazione, in tutti i casi citati i “nostri” contributi tornano a essere utili per determinare l’ammontare delle pensioni.

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