Il Nobel: "Savona ha ragione. Ue da riformare"

L'economista Oliver Hart: "Serve un'unione coesa che si occupi più delle persone"

Oliver Hart (Foto Paolo Lazzeroni)

Oliver Hart (Foto Paolo Lazzeroni)

Siena, 29 maggio 2018 - «Il professor Savona È un uomo molto giovane, non è vero? Per il resto non conosco molti dettagli, a parte le sue riflessioni sull’euro". Oliver Hart, premio Nobel 2016, ride di gusto alla sua battuta sul ministro dell’Economia mancato in Italia. E riconosce diversi punti di contatto tra il suo manifesto anti euro (firmato anche da altri Nobel come Stiglitz) e le idee dell’uomo della discordia, che ha portato alla cancellazione di un governo che stava per nascere.

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«Sono stato contrario all’euro sin dall’inizio – afferma Hart, a Siena per due lezioni alla facoltà di Economia e poi a Bologna –, ho sempre pensato fosse un grave errore per i Paesi europei. Troppo potere centralizzato nelle mani delle istituzioni comunitarie, la sovranità nazionale diventata superflua. Mi rendo conto che per l’Italia uscire dall’Eurozona potrebbe rivelarsi un disastro economico, i costi sarebbero enormi. Ma anche rimanere nell’area della moneta unica a queste condizioni, potrebbe rivelarsi una catastrofe. Le politiche di rigore aumenteranno i rischi di recessione. Insomma, qualunque sia la scelta, nell’euro o fuori dall’euro, le cose con l’Europa dovranno necessariamente cambiare".

Il professor Savona pensava a un piano B per uscire o trattare con Bruxelles e la Bce.

«Le mie previsioni su un’errata costruzione dell’euro si sono rivelate esatte. Ma non ho idea di come si possa uscire in modo ‘soft’, oggi. I Paesi membri dell’Eurozona sono troppo diversi tra loro, hanno storie e lingue diverse. Da ex suddito britannico, ritengo che la Gran Bretagna abbia fatto la cosa giusta a non entrare nell’euro».

Pensa che la Brexit sia giusta?

«Al contrario, penso sia stata un altro grave errore. Se fossi rimasto britannico, avrei votato contro l’uscita dalla Ue. Io sono per un’Europa migliore, ma sono contro l’euro. Un’Unione più coesa che si occupi di libera circolazione delle merci e delle persone. Ma che non insista su una moneta che divide e provoca recessioni economiche in tanti Paesi».

Ma come uscirne, avendo un debito pubblico così pesante?

«Se si ritornasse alle valute nazionali si potrebbe ridurre il deficit, e anche il debito, aumentando le tasse, risparmiando sulla spesa pubblica o vendendo asset statali. L’austerity imposta dalle istituzioni europee ha solo aumentato il numero degli europei più poveri. Il surplus tedesco? Diventa un problema nell’area euro. Nell’ipotesi che si tornasse alle monete nazionali, il valore del marco salirebbe e l’Italia esporterebbe di più».

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«Sono contrario, la tassazione deve essere progressiva e far pagare di più chi ha di più».

I brand italiani saranno preda di aziende straniere?

«Non è un problema, se chi li compra fa crescere il lavoro e la produzione delle imprese. Non è quello che ha fatto Abramovich con il Chelsea?».

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