Esportazioni ortofrutticole italiane. Dalle mele ai kiwi, chi compra le nostre eccellenze

Elisa Macchi (Centro Servizi Ortofrutticoli): le ragioni del nostro successo e quali sono gli ostacoli

Mele e kiwi sono in cima alle nostre esportazioni

Mele e kiwi sono in cima alle nostre esportazioni

Una mela al giorno, toglie il medico di torno. Ad avercela, la mela. Tanti prodotti alimentari, soprattutto ortofrutticoli, che in Italia sono di facile e accessibile reperibilità, ad altre latitudini del pianeta, possono rappresentare prodotti decisamente ‘fuori mercato’. Le ragioni possono essere varie e non soltanto legate alle condizioni climatiche che rendono complesse le coltivazioni (per la legge del contrappasso, che si provi ad avviare una piantagione di ananas in Trentino…). In effetti, quando il mix di cause si fa ampio, il risultato può portare a stravolgimenti del mercato che fanno schizzare i prezzi oltre ogni più ragionevole soglia.

Esempi celebri

Lasciando perdere l’eclatante e molto gettonato riferimento alla famigerata ‘bolla dei tulipani’ olandesi, che nel Seicento portò a equiparare il prezzo di un bulbo a 24 tonnellate di grano, innescando quella che è stata definita la prima gigantesca crisi finanziaria, anche oggi i casi che destano scalpore non mancano. Ne è testimonianza per esempio il fatto che di questi tempi nelle Filippine le cipolle costano più della carne. Condizioni come queste, per essere compensante, necessitano di un forte ingresso di prodotti tramite il mercato dell’importazione, in uno scenario nel quale anche l’Italia gioca una parte decisamente importante.

Il ruolo dell’Italia

“Sono molti – conferma Elisa Macchi, direttrice del Cso, Centro Servizi Ortofrutticoli – i prodotti che il nostro Paese esporta, oltre che in Europa, anche ben al di fuori dei confini continentali. Tra questi spiccano per esempio le mele e i kiwi”.

Le mele

 

Dati alla mano in effetti, per quanto riguarda il frutto costato carissimo a Biancaneve, circa il 40% dell'export complessivo di mele, pari mediamente a oltre 360.000 tonnellate, negli ultimi anni è destinato ai paesi extraeuropei. “Tra questi – analizza Macchi -, in cima alla lista ci sono Egitto ( con oltre 90.000 tonnellate), Arabia Saudita (oltre 50.000 tonnellate), India (quasi 50.000 tonnellate), Israele (oltre 20.000 tonnellate) ed Emirati Arabi (oltre 10.000 tonnellate). Ma sono veramente innumerevoli le destinazioni seppur con quote minori: 80 paesi extra Ue accolgono le nostre mele nazionali”.

Il kiwi

Discorso analogo vale per il kiwi: “Circa il 35% delle nostre spedizioni è destinato fuori dia confini europei. In particolare Stati Uniti, Egitto, Brasile, Canada, Taiwan, Cina e Messico. In questo caso possiamo stimare in quasi 70 paesi che comprano il nostro frutto”.

Le ragioni

Macchi conferma le motivazioni che sono all’origine di questo importantissimo flusso: “A rivolgersi alla produzione di casa nostra – chiarisce – sono Paesi in cui o è scarsa la produzione interna (quindi non sufficiente a soddisfare il fabbisogno del mercato locale) o in cui il livello qualitativo è carente, condizione per la quale viene particolarmente apprezzata la qualità del Made in Italy. In quest’ultimo caso il posizionamento del mercato è solitamente elevato”.

Gli ostacoli

Non è però tutto semplice, soprattutto quando si tratta di inviare importanti quantitativi di alimenti dall’altra parte del pianeta: “In diversi casi – chiude Macchi - l’export italiano è ostacolato dall’esistenza di barriere fitosanitarie, che non permettono le esportazioni verso determinati territori. Sotto questo aspetto, Cso Italy si è sempre molto impegnato per aprire canali di collegamento con questi mercati, ogniqualvolta se ne ravvede l’interesse reciproco, sia per gli operatori italiani che per i consumatori delle diverse parti del mondo”.

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