Martedì 23 Aprile 2024

Nuovo governo, il Nord in fondo ai pensieri dell'esecutivo

Nel programma poco spazio alle Pmi e al taglio fiscale per le attività produttive

Un uomo al lavoro all'interno di una industria (archivio Ansa)

Un uomo al lavoro all'interno di una industria (archivio Ansa)

Roma, 8 settembre 2019 - La nota sulle piccole e medie imprese è stata inserita nel programma in 29 punti del governo giallo-rosso solo all’ultimo minuto. L’aneddoto la dice lunga sull’attenzione del nuovo esecutivo verso l’impresa e verso le attività produttive. Se, infatti, la prima rissa dentro la nuova maggioranza ha riguardato, non a caso, il delicato terreno delle infrastrutture (con i grillini ad attaccare il neo-ministro Paola De Micheli perché troppo filo grandi opere), i rischi di una politica fiscale, industriale e del lavoro poco sensibile alle ragioni della crescita ci sono tutti (tant’è che, ad aprire il fronte, è il pentastellato Stefano Buffagni: "Il nuovo governo non può sottovalutare così la questione settentrionale: sono le imprese a creare lavoro e generare ricchezza").

Dal salario minimo (che potrebbe costare fino a 15 miliardi di euro proprio alle imprese) al caso Ilva (che è tutto aperto per la cosiddetta immunità penale dei nuovi dirigenti), dall’assenza, nel programma, di ulteriori interventi di riduzione fiscale per le attività produttive, come anche di iniziative volte al rilancio di Industria 4.0 (ribattezzata non a caso in una riga del testo «Impresa 4.0»), sono e saranno molteplici i fronti che possono preoccupare gli imprenditori.

Tanto più che lo stesso taglio del cuneo fiscale (per circa 5 miliardi di euro) andrà tutto a beneficio delle buste paga dei lavoratori (nella migliore delle ipotesi) se non a compensare, ma solo in parte, il prevedibile impatto sul costo del lavoro derivante dall’introduzione del salario minimo. Senza contare che gli annunci sulla svolta green dell’azione del governo possono celare inasprimenti fiscali o disincentivi penalizzanti, come è stato il caso, nella scorsa manovra, della cosiddetta eco-tassa.

Si spiegano, dunque, gli allarmi e le preoccupazioni emersi nei giorni scorsi da più parti sul rischio di uno sbilanciamento del programma di governo a favore delle istanze della redistribuzione del reddito e della svolta ambientale rispetto all’esigenza della crescita e degli stimoli per la ripresa e per il sostegno della manifattura italiana. E questo si lega strettamente con le riserve manifestate principalmente non solo dai governatori, ma anche dagli ambienti industriali del Nord. L’ultima denuncia in questo senso viene dal Centro studi degli artigiani della Cgia di Mestre. "Stando ai numeri – spiega Paolo Zabeo – quasi la metà del Pil, del gettito tributario, degli occupati nelle imprese private e degli investimenti complessivi del Paese è generata in sei regioni del profondo Nord: Liguria, Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Oltre a ciò ricordo che quasi il 60% delle esportazioni italiane è realizzato in questi territori che, ormai, si sentono più in sintonia e integrati con la Baviera o Francoforte che con Roma".

Certo, si insiste, "ciò che conterà saranno le misure concrete che il governo giallo-rosso prenderà nei prossimi mesi", e oltre al taglio delle tasse e a una ripresa degli investimenti infrastrutturali e al tema dell’autonomia differenziata. Dalle prime dichiarazioni del nuovo ministro agli Affari Regionali, Francesco Boccia, emerge, però, secondo gli uomini del Centro studi di Mestre, una apertura di credito per certi versi inaspettata: l’auspicio è che si gettino definitivamente alle spalle le incomprensioni esplose negli ultimi mesi tra una parte del precedente esecutivo e i governatori di Lombardia e Veneto.

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