Ecco le tasse più assurde: in Italia si paga pure l’ombra

Le tende esterne sono "occupazione di suolo pubblico". Versiamo imposte per esporre il tricolore, raccogliere funghi e tenere i gradini

Una scena del film ’I tartassati’ (1959)

Una scena del film ’I tartassati’ (1959)

Saranno anche belle, "bellissime da pagare", come diceva il compianto ex ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa. Ma sono difficili, difficilissime da capire. Perfino un genio come Einstein, a suo tempo, allargò le braccia. Benvenuti nel bestiario fiscale, dove ogni tassa è un rebus. Dall’ombra alle grondaie, dai tubi al tricolore, dai funghi ai tartufi, dai cani alle mucche.

Il Governo cancella le microtasse

Avanti, c’è tassa. Per tutto e per tutti. Non a caso il grande economista John Maynard Keynes, non esitava a sentenziare che "sfuggire alle tasse è l’unica impresa intellettuale che offra ancora un guadagno sicuro". Nessun invito ad evadere le imposte, ci mancherebbe. Ma la tentazione è forte quando scopriamo che dal 1935 continuiamo a pagare, per ogni litro di benzina, la tassa sulla guerra in Abissinia voluta da Mussolini e che nessun governo si è mai sognato di cancellare.

Così come l’imposta sulle centrali fantasma che versiamo ogni mese con le nostre bollette della luce: sono gli oneri relativi agli impianti nucleari, che il referendum dell’87 ha stoppato. O la tassa sui disoccupati, quella che si paga per un concorso pubblico. Fatto sta che se anche decidessimo di chiedere all’esecutivo di turno di cancellarle, dovremmo mettere mano al portafoglio: ci sarebbe infatti da pagare la tassa sulle suppliche, le istanze, le petizioni, i ricorsi e le relative memorie agli uffici dell’amministrazione dello Stato per ottenere un provvedimento. Poco da stupirsi, del resto, se ci sono da pagare bolli e imposte anche per ottenere "giustizia" in un’aula di tribunale.

C’è di peggio. La fantasia fiscale proprio non conosce limiti se siamo riusciti a tassare perfino l’ombra: quella prodotta dalle tende esterne di un locale è "occupazione di suolo pubblico". E paga imposte salate anche chi espone il tricolore: per il fisco è solo pubblicità. Insomma, abbiamo corso un bel rischio durante gli europei quando abbiamo esposto le bandiere degli azzurri.

Nessun dubbio, invece, per gradini e ballatoi esterni alle nostre abitazioni: qui il fisco è considerato di casa. L’Agenzia delle Entrate è così affezionata a noi che ci segue con le cartelle anche quando si va per boschi a raccogliere funghi o tartufi.

Insomma, c’è un’imposta per tutti. Qualche anno fa la Confesercenti ne contò un centinaio di base che si diramavamo per migliaia di micro-balzelli. Al netto delle follie locali, dove la fantasia dei Comuni ha addirittura superato il fisco "lunare" dello stato centrale. Non hanno scampo neanche gli animali domestici: in alcuni Comuni bisogna pagare la tassa sul cane. Tutto sommato, neanche tanto assurda se paragonata a quella sui frigoriferi, sulle gru o sul traporto aereo delle sedie a rotelle…

Il vero capolavoro del nostro bestiario, però, è un altro: perché siamo riusciti a inventarci perfino la tassa sulla tassa. Non ci credete? Controllate la tassa sui rifiuti: si paga l’Iva. Fatto sta che il nostro rapporto con le tasse è lungo e duraturo. Diremmo eterno.

Dalla nascita, con il codice fiscale. Poi, quando ci sposiamo: le imposte al Comune sono piuttosto salate se vogliamo celebrare solo il rito civile. Non sfuggiamo al fisco neanche quando andiamo nell’altro mondo. Uno spettro che ci segue anche lì obbligandoci alla tassa per il certificato di morte e poi a quelle sui lumini e il feretro. Insomma, non c’è scampo. Siamo un popolo di santi, navigatori e tartassati.

 

 

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