Mercoledì 24 Aprile 2024

La crisi dei negozi. In 10 anni 63mila in meno

Tra il 2008 e il 2017 crollo del 10,9% delle attività commerciali. Boom delle imprese di stranieri: +26,2%. Il rapporto di Confcommercio

Negozio chiuso in una foto di repertorio (Germogli)

Negozio chiuso in una foto di repertorio (Germogli)

Roma, 23 febbraio 2018 - La grande crisi, ma anche il commercio elettronico e i canoni di locazione, si sono portati via 63 mila negozi, piccoli e meno piccoli, dalle tradizionali vie dello shopping delle nostre città. Tra il 2008 e il 2017 si sono volatilizzate migliaia di botteghe, con un crollo del 10,9% delle attività commerciali e una riduzione che è arrivata all’11,9% nei centri storici. Al loro posto sono spuntati come funghi alberghi, ristoranti, bar (+17%) e bancarelle ambulanti (+8,7%).

A mostrare il cambiamento della distribuzione commerciale nei nostri centri urbani è la Confcommercio, che, in una ricerca sulla "Demografia d'impresa nei centri storici italiani", ha censito 120 comuni di medie dimensioni, ma escludendo Roma, Milano e Napoli perché considerate città policentriche. Ebbene, dalla indagine emerge che a soffrire di più sono stati librerie, negozi di giocattoli, abbigliamento e scarpe, nella maggior parte dei casi trasferiti dentro i grandi centri commerciali, mentre bene vanno le cose, in particolare, per computer e telefonia e farmacie. Il calo, però, è stato nelle periferie più contenuto (-10,3%). E però l’andamento in picchiata dal 2015 si è, se non fermato, di certo rallentato, con un’inversione di rotta per talune tipologie commerciali. 

A livello territoriale, si presenta particolarmente critica la situazione in città come Genova, Venezia, Reggio Calabria, Messina, Bari e Cagliari, mentre maggiore vitalità si registra nell'alta Lombardia, attorno a Firenze, a Trento, Siracusa e Matera. Guardando sempre alla ripartizione territoriale, emerge  al Sud un vero boom del commercio ambulante (+26%): basti pensare che a Palermo le bancarelle sono quasi triplicate.

A pesare sul tracollo delle attività tradizionali, oltre al ciclo economico e alle variabili socioeconomiche e demografiche, ci sono anche i canoni di locazione.

In compenso, però, in 10 anni si è registrata una grande crescita delle imprese commerciali di titolari stranieri (+26,2%) a fronte di un calo del 3,6% di quelli italiani. Un boom degli stranieri, ha spiegato Mariano Bella, capo economista del Centro studi di piazza Belli, la spiegazione sta da una parte nella "scarsa voglia degli italiani di operare in questo settore" e dall'altra anche in "qualche forma di concorrenza sleale da parte degli stranieri che, a volte, aprono e chiudono ed è in quei casi molto più difficile recuperare le imposte".

Ma se questo è lo scenario, la Confcommercio ha pronta una possibile ricetta. Per il presidente Carlo Sangalli occorre mettere in campo misure che favoriscano la diffusione di negozi, ossia la cedolare secca sulle locazioni commerciali e local tax che comprenda Imu, Tasi e Tari e che sia totalmente deducibile. "Le città devono essere rilanciate anche attraverso il commercio, prevedendo meno tasse e più incentivi per gli imprenditori che hanno un'attività o che vogliono aprirne una", ha sottolineato Sangalli. 

 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro