Venerdì 19 Aprile 2024

A Bologna c’è il Mug. Da deposito di multe e cartoline a casa delle startup

Viaggio nei luoghi della creatività. Nella prima periferia del capoluogo emiliano, Emil Banca ha creato il proprio collettore di innovazione

Tutti gli startupper insieme: ecco la famiglia del Mug

Tutti gli startupper insieme: ecco la famiglia del Mug

Bologna, 6 maggio 2023 – Di tanto in tanto, ride l’addetta alla reception, qualcuno degli anziani ex dipendenti del magazzino di smistamento per la posta non resiste e infila la porta a vetri colorata di via Emilia Levante. La sorpresa, a distanza di due anni, ancora fa il suo effetto. Parafrasando il luogo comune: qui una volta era tutta corrispondenza.

Dai sacchi di lettere ai ‘sacchi’ di idee

Un immobile anonimo in un angolo di prima periferia, mimetizzato sotto a un portico alto e squadrato, stretto tra un’edicola e un ufficio Postale. Era chiuso da tempo: di posta nei sacchi di juta, qui in effetti non se ne vedeva da un po’. Rimasto in vendita per anni, a un certo punto nel bel mezzo della pandemia ci è atterrata una navicella spaziale. Porte a vetri e muri colorati. L’insegna fuori dice Mug, che stava per Magazzini unici gestionali. Il nome è rimasto, trasformato in Magazzini Generativi. Ovvero: postazioni di coworking, le ‘cabine telefoniche’ insonorizzate, le verandine da riunione e gli uffici privati dai muri trasparenti, lì dove un tempo giacevano bollette, cartoline, ingiunzioni, lettere d’amore dei bolognesi di tutta la zona est, da porta Mazzini in giù.

Una strategia unica per le startup

“Sono 1.750 metri quadrati in totale”, chiarisce Vittoria San Pietro, responsabile del Innovazione e startup di EmilBanca. Sono stati pensati, ristrutturati, poi ci si è messo di mezzo il Covid ed è il motivo per cui soltanto adesso iniziano a girare come dovrebbero. “L’idea - spiega la manager reggiana, un passato da direttrice di filiale e poi da responsabile del settore imprese, quindi dell’area commerciale Modena, Reggio e Cavola - era quella, duplice, di farne una casa per le nuove imprese, accelerarle con vari progetti e al tempo stesso restituire uno spazio al territorio e al tessuto urbano bolognese”. Nei fatti, però, la connotazione geografica ha preso fin da subito una piega più ampia, e questo spiega il duplice ruolo della manager di responsabile di Mug e al tempo stesso dell’intero settore innovazione della banca. "Il concetto - ragiona lei - è che se ti rivolgi a Emil Banca in una delle nostre filiali anche di un piccolo comune perché vuoi sviluppare una startup, comunque vada la tua proposta arriverà qui al Mug di Bologna". Il motivo? “Se finanziamo una startup è nostro interesse far sì che funzioni. E se la sua sede è nel centro di Bologna oppure in un paesino della Bassa bolognese o dell’appennino Reggiano, è interesse nostro prima che dello startupper che possa essere messa in connessione con il mondo delle altre innovazioni che veicoliamo e acceleriamo. In una parola mettiamo in rete le nuove imprese che finanziamo, e il centro della rete per forza di cose è questo posto”.

Creatività in tutte le forme

Un luogo colorato e pieno di connessioni, che siano essere fisiche, tecnologiche o soprattutto culturali. Come la mostra in atto in questi giorni. Cinquanta giovani artisti dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna esposti tra le postazioni di coworking. "Le opere selezionate - chiariscono gli organizzatori - entreranno poi a far parte di una Collezione d’Arte permanente e continueranno a vivere al Mug", si legge nella nota ufficiale della mostra, curata da Licia Mazzoni. Creatività per creatività. Ma il vero terreno di incontro tra nuove idee, a ben guardare sembra essere la cucina e non in senso figurato: tavolo, frigo, lavello, forno. Uno spazio a uso comune per tutti i frequentatori, quelli di passaggio per una scrivania d’emergenza e quelli che qui hanno fissato la sede legale. "La cucina è la vera piazza d'incontro - chiarisce San Pietro. da usare liberamente per far pausa caffè, mangiare e parlare l’un l’altro dei propri progetti. Succede naturalmente, senza il nostro intervento, ma noi per sicurezza ci abbiamo messo un appuntamento fisso: una colazione una volta al mese in cui tutti incontrano tutti”. Il resto è composto da sette uffici permanenti, quattro sale meeting, due sale workshop, trenta postazioni di coworking, un auditorium per 99 persone ampliabile. E poi salette per le videocall e angoli di muro magicamente insonorizzati, in cui la voce al telefono sparisce, risucchiata dai pannelli, per non disturbare il prossimo.

Cosa si crea al Mug

Di cosa ci si occupa oggi al Mug? San Pietro li conosce tutti e li indica da lontano. “Loro si occupano di valutare l’impatto delle policy europee. Lui sta facendo un podcast. Loro vengono da Padova, si occupano di Machine Learning”. Un micromondo in costante evoluzione che ad oggi è composto da 10 startup, tra uffici e spazi di coworking, a cui si sommano gli altri coworkers freelance o dipendenti di aziende, e i tanti lavoratori saltuari che si fermano per un'ora o un giorno alla disperata ricerca di una scrivania. In parallelo c'è l'attività del programma Battiti - in collaborazione tra Mug e Kilowatt, che nel tempo ha accelerato circa venti imprese nel corso degli ultimi quattro anni, a cui si sommano altri sette nomi sostenuti da Icrrea o dalla Fondazione Golinelli. Così si sono sviluppate Bank Station, che realizza contenuti di educazione finanziaria, ShapeMe, il delivery dei massaggi e della cura del corpo da prenotare via app, Syntesia, un software che permette di eseguire musica attraverso un approccio grafico, o 4-In che, da tutt'altro lato, si occupa di sviluppare soluzioni 4.0 per le imprese meccaniche. E poi ci sono i liberi professionisti: un architetto, un ingegnere, un venditore di prodotti online. E in più le persone che vanno e vengono con un pass quotidiano. “Anche loro possono inevitabilmente inciampare su un incontro in grado di generare qualcosa di interessante”. Peccato per la sala nursery, pronta e a disposizione: “Ancora in pochi hanno sfruttato davvero l’opportunità di venire qui a lavorare con i propri bimbi, perché c’è chi può prendersene cura”. E chissà che anche la loro creatività non stimoli qualche buona idea.

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