Mercoledì 24 Aprile 2024

Mps vola in Borsa L’intesa con la Ue piace anche a Fitch

Il Mef cerca la proroga. Titolo sospeso per eccesso di rialzo. L’agenzia di rating rimuove il credit watch negativo

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di Pino Di Blasio

Aveva toccato il minimo storico l’altro ieri, appena 81 centesimi per azione. Colpa dell’effetto scia del fallimento della trattativa con UniCredit e del silenzio che era seguito dopo il clamore da agosto a metà novembre. Ieri il titolo Banca Mps è stato protagonista di un rimbalzo da star Nba a Piazza Affari: due volte stoppato per eccesso di rialzo, a un’ora dalla fine della seduta aveva toccato +19% a 95 centesimi. E alla fine ha chiuso a 0,94 euro, con un rialzo del +16,7%. E a mercati chiusi Mps ha comunicato la rimozione da parte di Fitch del rating watch negativo, confermando il rating B.

Perché questo rally? Non certo solo per la nota diramata dalla banca senese che, in ottemperanza ai diktat della Consob, ufficializzava la ripresa delle trattative tra ministero dell’Economia e Dg Comp della Ue per rinegoziare il piano di ristrutturazione che scade a dicembre, base fondamentale per la permanenza del Tesoro nella maggioranza del capitale di Mps. Quel comunicato, però, ha avuto il merito di riaccendere le indiscrezioni sui contenuti dei colloqui tra la direzione generale del Tesoro e il team di tecnici Ue. E sul Messaggero, ieri, qualche novità sarebbe emersa.

Finora il ministro dell’Economia Franco si era limitato a confermare la necessità di riaggiornare quel piano e di prevedere anche misure compensative per convincere la Ue a concedere una proroga sufficientemente ampia. Via XX Settembre puntava ad avere altri due anni, quindi a conservare il 64% del Monte fino a dicembre 2023, dopo il no europeo la deadline potrebbe essere giugno 2023. Un periodo che il governo dovrebbe sfruttare per ripulire i conti del Monte e rimettere sul mercato una banca risanata.

Tra le ipotesi riportate dal quotidiano romano, ci sarebbe la cessione a Fintecna, società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, dei rischi legali residui, dopo l’accordo con la Fondazione Mps. Teoricamente sarebbero 6,2 miliardi, in realtà la cifra è più bassa, perché la banca ha vinto la causa contro i fondi Alken, che chiedevano risarcimenti per circa 450 milioni. Ci sono già delle somme accantonate a bilancio, ci sono stati contatti con il gruppo Aon, multinazionale britannica per la gestione dei rischi; ma per il Mef è più vantaggioso cedere le grane legali a Fintecna, che aveva già studiato l’operazione. Stesso schema per i 4,2 miliardi lordi di npl a bilancio, da cedere ad Amco, partner dell’operazione Hydra. Infine l’aumento di capitale che in primavera dovrebbe aggirarsi sui 2,9 miliardi di euro. L’ultima misura compensativa sarebbe un cambio del board di Mps, smentito dal dg del Tesoro Rivera nell’audizione. Ma potrebbe essere una richiesta Ue e rispuntano i nomi di Victor Massiah, ex ad Ubi, e Luigi Lovaglio, ex Pekao e Credito Valtellinese.