Buenos Aires, 21 novembre 2023 – Javier Milei è il nuovo presidente dell’Argentina. Dopo uno storico ballottaggio, l’anarco-capitalista ha ottenuto il 55,8% dei voti contro il 44,2% di Sergio Massa, governo peronista di centrosinistra.
La crisi economica in Argentina
Il nuovo inquilino della Casa Rosada si trova ora a governare un paese con un debito fuori controllo. Come riportano i dati dell’Ispi, in Argentina l’inflazione, al momento, supera il 142%. Si parla, infatti, in questo caso di iperinflazione, una situazione di inflazione talmente elevata da indurre i consumatori a usare valuta estera, il dollaro, appunto. Cresce anche il tasso di povertà che ha raggiunto la cifra record del 40% e la moneta – il peso – è in caduta libera. Quest'anno la situazione economica è peggiorata molto, sia per politiche economiche sbagliate, sia per gli effetti della siccità che ha ridotto la produzione agricola a uno dei livelli più bassi degli ultimi cento anni. Questo ha comportato un calo degli export del 25%.
Considerando che l’Argentina è l’ottavo paese al mondo per estensione, con una superficie pari a sette volte l’Italia, il timore che la crisi in atto possa influenzare l’economia italiana è più che radicato. È un pericolo reale? L’arrivo del nuovo presidente può cambiare le dinamiche economiche attuali? Contraccolpi nella borsa?
Il legame tra Italia e l’Argentina
Le economie italiane e argentine sono molto interconnesse. Un sodalizio frutto anche degli ingenti fenomeni di migrazione avvenuti nel secolo scorso. Tra il 1871 e il 1900 si recarono in Argentina più di 800 mila italiani. Una media di quasi 9 mila persone l’anno nel primo decennio, 39 mila nel secondo e quasi 37 mila nel terzo. Tra il 1901 e il 1910 sbarcarono in Argentina oltre 734 mila italiani e quello fu il decennio con la più alta intensità migratoria. I flussi migratori proseguirono dopo la Seconda guerra mondiale con una media di circa 54 mila espatri all’anno fino al 1950. Stando ai dati dell’Aire, nel 2022 gli italiani residenti in Argentina erano più di 903mila, aggiudicandosi il primato di comunità italiana più vasta al mondo. Ma non c’è da preoccuparsi: questo non incide sull’economia, resta un fenomeno puramente sociale.
Aziende delocalizzate
L’Argentina è un paese vasto, ma la sua densità demografica è piuttosto bassa: conta solo 45 milioni di abitanti in un territorio ampio oltre 2 milioni di chilometri. Una cifra piuttosto contenuta se paragonato all’Italia, che conta 59 milioni abitanti in un territorio che ha un’estensione di 302mila chilometri. Un po’ per la conformazione del paese, un po’ per la situazione economica disastrosa in cui riversa da molti anni, in generale l’Argentina non è un paese in cui gli italiani tendono a delocalizzare le proprie attività. Nulla di paragonabile alle tigri asiatiche o all’est Europa. Questo ci tutela moltissimo da eventuali contraccolpi.
Esportazioni
L’Argentina non rientra, nonostante le premesse, tra i nostri mercati principali: stando alle tabelle pubblicate dal Ministero degli esteri, nel 2022 l’export italiano verso l’Argentina è valso poco più di un miliardo. Un dato piuttosto basso se pensiamo che le esportazioni in Usa valgono 87 miliardi e in Francia 62 miliardi. Il Giappone, 15esimo partner in classifica, 8 miliardi. Le merci che l’Italia esporta in Argentina rientrano prevalentemente nel settore chimico, farmaceutico e delle tecnologie (macchinari e apparecchiature). Per quanto riguarda le importazioni, si rifanno prettamente al settore dei prodotti alimentari o dell’agricoltura, fenomeno comune a tutti i paesi in via di sviluppo, che tendono ad esportare le loro commodities: materie prime alimentari o materie prime, come oro, rame e carbone. In base a un report sulle esportazioni del settore agro-industriale pubblicato da FADA (Fundación Agropecuaria para el Desarrollo de Argentina), la nazione latino-americana è al primo posto a livello mondiale per Arachidi, olio essenziale di limone al mondo, fagioli, Farina e olio di soia.
Rischio contraccolpi?
“Se pensiamo che borsa e titoli con l’inizio del conflitto Israelo-palestinese, una zona in cui si muovono molti interessi di tipo economico, come gas, petrolio, hanno subito un contraccolpo solo il primo giorno, e già dal giorno seguente tutti i valori hanno chiuso in positivo, direi che non c’è alcun motivo di preoccuparsi – commenta Lucio Poma, capo economista di Nomisma - Non vedo come questo possa avere contraccolpi sulla nostra borsa, non vedo questa potenziale destabilizzazione internazionale per l’Italia". Aggiunge poi: “Milei è stato eletto presidente da poche ore, un contraccolpo sarebbe già stato evidente. Ci potrebbero essere potenziali rischi se questo insediamento dovesse far innescare conflitti, guerriglie civili, che comporterebbero l’intervento delle Nazioni Unite. Ma questi sono scenari ipotetici, non c’è stato alcun un colpo di stato, Milei è stato eletto in maniera democratica. Non intravedo alcun rischio dal punto di vista economico, diverso invece se si parla di diritti civili. Se ci riferiamo esclusivamente all’economia, possiamo dormire sonni tranquilli” Cosa aspettarsi quindi? "Milei intende impostare un governo dalla tendenza liberista, per cui dovrebbe essere favorevole all’apertura del mercato - sottolinea Poma - questo potrebbe essere vantaggioso per l'economia internazionale. Vedremo nei prossimi mesi".