Roma, 4 aprile 2025 – I due compagni di banco che vollero cambiare il mondo con un clic lo decisero poco alla volta tra un compito di matematica e una lezione di storia. Studiavano con l’attenzione rivolta altrove. Certo, sui libri se la cavavano bene entrambi ma sognavano nuovi orizzonti, altri mondi fuori dalla scuola, pensavano in grande senza immaginare che un giorno sarebbero diventati i giganti della Silicon Valley. La storia di Bill Gates e Paul Allen, il ragazzo con gli occhialini da secchione e l’amico barbuto, ha rivoluzionato davvero la società quando cinquant’anni fa , esattamente il 4 aprile 1975 ad Albuquerque fondarono Microsoft, oggi uno dei colossi mondiali produttore di software, ai primi posti per innovazione, fatturato e capitalizzazione azionaria, che sviluppa, produce, vende o concede in licenza, computer, programmi, elettronica di consumo e servizi.

L’umanità da allora per l’intuizione e la cabarbietà dei due studentelli della Lakeside School di Seattle è entrata nel futuro della comunicazione e nell’utilizzo dei pc. I due genietti cominciarono a sgomitare tra microchip e software nei primi anni Settanta. Poi nel 1975 la grande svolta quando i fondarono la Microsoft Corporation e proposero alla Micro Instrumentation and telemetry systems, società che aveva sviluppato i primi mini computer, di utilizzare un linguaggio di programmazione basic perfetto per quella macchina. Obiettivo centrato. Contemporaneamente nell’aprile 1976 nasceva la Apple fondata da Steve Jobs e Steve Wozniak, un’altra accoppiata vincente, e concorrente, dello stesso settore.
Ad Albuquerque, Nuovo Messico, Allen e Gates si gettarono a capofitto nell’impresa che avevano immaginato. Studio matto e disperatissimo, ricerca, approfondimenti. Gates mollò gli studi all’Università di Harvard, Allen si licenziò alla Mits, l’azienda a cui avevano venduto il primo programma, per dedicarsi alla nuova avventura. Bill il visionario con gli amici amava ripetere una frase che sembrava buttata lì per autostima ma che poi si rivelò realtà: “Nel futuro vedo un personal computer su ogni scrivania e in ogni casa… e io sarò l’uomo più ricco del mondo”. E infatti divenne il numero uno dei Paperoni mondiali portando ai massimi livelli la Microsoft prima di uscire dall’operatività e dedicarsi insieme alla ex moglie alla fondazione che oggi porta il suo nome e che distribuisce generosamente milioni in mezzo mondo in opere di solidarietà.
Paul Allen salì in alto con l’amico ma non vide mai la cima dell’Everest che avevano concepito insieme perché uscì dall’azienda nel 2000 e in seguito fu portato via dalla malattia che non perdona, il linfoma di Hodgkin. Oggi Microsoft vede al timone Satya Nadella che conduce una corazzata da 245 miliardi di dollari di fatturato, 88 miliardi di utile netto, 228 mila dipendenti. L’obiettivo del gruppo è generare 500 miliardi di dollari di fatturato entro l’anno fiscale 2030. I progetti guardano avanti, molto avanti. Secondo The Information, Microsoft sta studiando propri modelli di intelligenza artificiale, denominati MAI, per competere con quelli di OpenAI. Dunque il compleanno del mezzo secolo è anche il giro di boa che mette l’AI al centro della strategia del colosso informatico per i prossimi decenni, ora sotto la guida della super manager che ha assunto il ruolo di amministratore delegato nel 2014.
E in questo scenario Bill Gates che fa? Da tempo dopo aver ricoperto tutti i ruoli di vertice e d essere stato il maggior azionista fino al 2014 ha ceduto il ruolo di Ceo pur rimanendo in plancia nel cda fino al 2020. Ora, pur essendo in possesso di quote consistenti, si dedica a tempo pieno alle attività filantropiche con la Bill & Melinda Gates Foundation, che ha fondato insieme alla ex moglie Melinda French Gates nel 2000. Non più coniugi ma soci in solidarietà alla quale hanno già versato 45 milioni di dollari. Bill Gates rimane un gigante che a 31 anni era già un miliardario e a 40 possedeva un patrimonio personale di 100 miliardi di dollari. Oggi ne possiede circa 106 e per 18 anni è stato il numero uno nella classifica dei ricconi. In un’intervista al The Times tempo fa dichiarò: “Ad Harvard gli amici mi dicevano sei il migliore in informatica, sei fortunato”. Forse incrociò la fortuna per strada, ma andò anche a cercarla. Si narra che trascorresse 500 ore al mese dinanzi al pc. E si è visto dove è arrivato.