Mancano soprattutto operai specializzati come tornitori e saldatori

Per le imprese è difficile trovare gli operai specializzati

Roma, 12 dicembre 2022 - Ingegneri, informatici, operai specializzati. E poi medici e lavoratori nell’ambito sanitario. Sono solo alcuni dei profili più richiesti e al tempo stesso più difficili da trovare. A dare un veste statistica al fenomeno è l’ultimo bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, che fotografa la situazione del mercato del lavoro attuale e le sue prospettive nei prossimi mesi. E il "mismatch", vale a dire la difficoltà delle imprese di trovare i lavoratori di cui hanno bisogno, è l’elemento più significativo. Le cifre sono preoccupanti. Se è vero che i dati sono leggermente migliori rispetto a novembre, in calo dal 46,4% al 45,3%, è anche vero che in tutto il 2022 l’asticella che misura la difficoltà nel reperire i profili cercati dai datori non è mai scesa sotto il 40%. Senza contare che il dato del 45,3% di dicembre è un valore superiore di circa otto punti rispetto quello di dicembre 2021 (37,5%). Come detto, il mismatch tocca l’apice nelle professioni tecnico-scientifiche. A dicembre i problemi nell’incrociare domanda e offerta di lavoro hanno riguardato 149mila assunzioni delle 329mila programmate. Per le imprese, questo è dovuto soprattutto al fatto che mancano candidati (29,1%) e che, anche quando i candidati ci sono, sono impreparati (12,3%). Entrando nel dettaglio dell’analisi del bollettino, emerge che tra le professioni di più difficile reperimento ci sono gli specialisti nelle scienze della vita e i tecnici della salute (rispettivamente per l’82,7% e per il 61,7%), i tecnici in campo ingegneristico (58,7%), i tecnici della gestione dei processi produttivi (58,6%), i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (54,4%), ma anche gli operatori della cura estetica (69,6%), i meccanici, montatori, riparatori e manutentori di macchinari (69,4%), gli operai di macchine automatiche e semiautomatiche per lavorazioni metalliche (61,7%). Venendo alle proiezioni per i prossimi mesi, il dato che emerge con più forza è il clima di incertezza che aleggia sul mercato del lavoro. Questo mese sono previste 329.335 assunzioni, in leggera contrazione rispetto all’anno scorso (-6,9%, pari a 24.440 addetti). Su novembre, il calo è pesante: -53.119 inserimenti programmati (-13,9%). È probabile che questa dinamica inizi a scontare il rallentamento della crescita causato dalla guerra in Ucraina, dall’inflazione e dal caro energia. Per i prossimi tre mesi, ovvero il periodo che va da dicembre a febbraio 2023, i nuovi ingressi stimati dalle imprese sono circa 1,2 milioni, in frenata su base annua (e cioè sullo stesso trimestre a cavallo del 2021-2022) del 13,6%, pari a -191.152 assunzioni. Se si prende come riferimento il periodo precedente alla pandemia, gli inserimenti preventivati risultano più elevati, +28mila e +115mila, sul dicembre 2019 e dicembre 2020, rispettivamente. Nello specifico, a dicembre l’industria cerca 88mila lavoratori mentre i servizi 241mila. A offrire maggiori opportunità sono, tra la manifattura, i settori della meccatronica (15mila assunzioni programmate) e della metallurgia (11mila). Fa meglio l’edilizia, con 31mila ingressi. Per quanto riguarda i servizi, sono in programma assunzioni nel comparto turistico (66mila lavoratori ricercati) e nel commercio (50mila). A livello territoriale, 102mila ingressi sono previsti dalle imprese del Nord Ovest, 83mila da quelle del Nord Est (area che manifesta la maggiore difficoltà di reperimento pari al 50,3%), 80mila quelle del Sud e isole e 64mila le aziende del Centro. L’incertezza però comincia a farsi sentire. Nel trimestre dicembre-febbraio 2023, l’industria prevede un calo del 27,1% degli ingressi, con punte comprese tra il 40 e il 50% a seconda dei comparti. In diminuzione anche i servizi (-5,2%), tenuti a galla dal turismo e dall’assistenza alle persone che registrano dati positivi. Ma il clima di incertezza si riflette anche sulla tipologia di contratti cui fanno ricorso le imprese. Quelli a termine sono la fetta maggiore, rappresentando il 52,1% del totale (172mila unità), in lieve diminuzione rispetto a dicembre 2021, quando erano il 53,6%. I contratti a tempo indeterminato sono il 24% (79mila unità), quelli in somministrazione l’8,8% (29mila) e l’apprendistato rappresenta il 5,7% del totale (19mila).

Economia

Roma, 12 dicembre 2022 - Ingegneri, informatici, operai specializzati. E poi medici e lavoratori nell’ambito sanitario. Sono solo alcuni dei profili più richiesti e al tempo stesso più difficili da trovare. A dare un veste statistica al&nbsp;fenomeno&nbsp;è l’ultimo bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, che fotografa la situazione del mercato del lavoro attuale e le sue prospettive nei prossimi mesi. E il "mismatch", vale a dire la difficoltà delle imprese di trovare i lavoratori di cui hanno bisogno, è l’elemento più significativo. 
Le cifre sono preoccupanti. Se è vero che i dati sono leggermente migliori rispetto a novembre, in calo dal 46,4% al 45,3%, è anche vero che in tutto il 2022 l’asticella che misura la difficoltà nel reperire i profili cercati dai datori non è mai scesa sotto il 40%. Senza contare che il dato del 45,3% di dicembre è un valore superiore di circa otto punti rispetto quello di dicembre 2021 (37,5%). Come detto, il mismatch tocca l’apice nelle professioni tecnico-scientifiche. A dicembre i problemi nell’incrociare domanda e offerta di lavoro hanno riguardato 149mila assunzioni delle 329mila programmate. Per le imprese, questo è dovuto soprattutto al fatto che mancano candidati (29,1%) e che, anche quando i candidati ci sono, sono impreparati (12,3%). Entrando nel dettaglio dell’analisi del bollettino, emerge che tra le professioni di più difficile reperimento ci sono gli specialisti nelle scienze della vita e i tecnici della salute (rispettivamente per l’82,7% e per il 61,7%), i tecnici in campo ingegneristico (58,7%), i tecnici della gestione dei processi produttivi (58,6%), i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (54,4%), ma anche gli operatori della cura estetica (69,6%), i meccanici, montatori, riparatori e manutentori di macchinari (69,4%), gli operai di macchine automatiche e semiautomatiche per lavorazioni metalliche (61,7%). 
Venendo alle proiezioni per i prossimi mesi, il dato che emerge con più forza è il clima di incertezza che aleggia sul mercato del lavoro. Questo mese sono previste 329.335 assunzioni, in leggera contrazione rispetto all’anno scorso (-6,9%, pari a 24.440 addetti). Su novembre, il calo è pesante: -53.119 inserimenti programmati (-13,9%). È&nbsp;probabile che questa dinamica inizi a scontare il rallentamento della crescita causato dalla guerra in Ucraina, dall’inflazione e dal caro energia. Per i prossimi tre mesi, ovvero il periodo che va da dicembre a febbraio 2023, i nuovi ingressi stimati dalle imprese sono circa 1,2 milioni, in frenata su base annua (e cioè sullo stesso trimestre a cavallo del 2021-2022) del 13,6%, pari a -191.152 assunzioni. Se si prende come riferimento il periodo precedente alla pandemia, gli inserimenti preventivati risultano più elevati, +28mila e +115mila, sul dicembre 2019 e dicembre 2020, rispettivamente. Nello specifico, a dicembre l’industria cerca 88mila lavoratori mentre i servizi 241mila. A offrire maggiori opportunità sono, tra la manifattura, i settori della meccatronica (15mila assunzioni programmate) e della metallurgia (11mila). Fa meglio l’edilizia, con 31mila ingressi. Per quanto riguarda i servizi, sono in programma assunzioni nel comparto turistico (66mila lavoratori ricercati) e nel commercio (50mila). A livello territoriale, 102mila ingressi sono previsti dalle imprese del Nord Ovest, 83mila da quelle del Nord Est (area che manifesta la maggiore difficoltà di reperimento pari al 50,3%), 80mila quelle del Sud e isole e 64mila le aziende del Centro. 
L’incertezza però comincia a farsi sentire. Nel trimestre dicembre-febbraio 2023, l’industria prevede un calo del 27,1% degli ingressi, con punte comprese tra il 40 e il 50% a seconda dei comparti. In diminuzione anche i servizi (-5,2%), tenuti a galla dal turismo e dall’assistenza alle persone che registrano dati positivi. Ma il clima di incertezza si riflette anche sulla tipologia di contratti cui fanno ricorso le imprese. Quelli a termine sono la fetta maggiore, rappresentando il 52,1% del totale (172mila unità), in lieve diminuzione rispetto a dicembre 2021, quando erano il 53,6%. I contratti a tempo indeterminato sono il 24% (79mila unità), quelli in somministrazione l’8,8% (29mila) e l’apprendistato rappresenta il 5,7% del totale (19mila).

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