Meno indifferenziata più riuso e riciclo

Il progetto 'Io non conferisco' in Campania

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Nella mente ci sono ancora i cumuli puzzolenti dell’emergenza durata dal 1994 al 2008 o la "muraglia" delle ecoballe aggiunta allo smaltimento illegale dei rifiuti da parte delle ecomafie. Eppure, nonostante questo scenario distopico con il quale si convive ancora in parte, sono oggi quasi due milioni i campani che conferiscono in maniera corretta i rifiuti in 282 comuni ricicloni della Campania e che, nel 2019, hanno superato il limite del 65% di raccolta differenziata. Non solo: la Campania registra interessanti esempi di eccellenza nel campo del riciclo e del riuso, alcuni realizzati con il contributo di privati altri con l’impegno delle amministrazioni comunali. A Sorrento, ad esempio, è nata l’"Area del riuso mobili", iniziativa scaturita da un’idea di una consigliere comunale e subito acquisita dall’assessorato all’Ambiente in collaborazione con le associazioni ambientaliste. Uno spazio interamente dedicato alla raccolta di mobili usati, purché in buono stato, che vengono così donati ai cittadini bisognosi, coniugando solidarietà e sensibilità ambientale e allungando la vita dei prodotti.

Altro esperimento di successo, stavolta a Baronissi nel Salernitano, è quello di "Io non conferisco". Si è visto che per migliorare la quantità e la qualità della raccolta differenziata bisogna mettere a dieta il cestino dell’indifferenziato, facendo attenzione al giusto conferimento dei pochi oggetti che non si possono avviare al riciclo e riducendo i giorni di raccolta. Si è così scoperto che seguendo questa "campagna", un cittadino di Baronissi ha conferito in un anno solo 64,4 chili di indifferenziato contro i 296,05 di un abitante di Napoli che conferisce 3 volte a settimana. Il riciclo ha preso piede anche in realtà difficili, spesso bollate con il marchio ‘Gomorra’. Nell’area di Secondigliano-Scampia, uno dei quartieri più problematici ma anche vitali di Napoli, è nato un polo di auto-recupero dei rifiuti, nucleo di un centro di riuso e commercializzazione di prodotti da loro ricavati. Si tratta di un progetto circolare avveniristico, promosso dalle cooperative sociali Gesco, centrato intorno a un impianto di compostaggio situato in una zona adiacente al carcere di Secondigliano (gestita dallo stesso penitenziario con la partecipazione di una decina di detenuti) totalmente biologico e a impatto zero: zero inquinamento, zero odori e zero percolato.

 

 

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