Manovra, il piatto piange per la sanità. Medici e Regioni: "Riceviamo le briciole"

Solo due miliardi di ristori aggiuntivi per i conti delle Asl falcidiate dal Covid. Camici bianchi pronti a scendere in piazza. "I soldi in più vadano al personale"

Roma, 25 novembre 2022 - Chi si aspettava dalla manovra un robusto ristoro alla sanità in ginocchio è rimasto amaramente deluso. E lo dichiara ad alta voce. Che si tratti dei medici o dei governatori, il verdetto è unanime: pollice verso. I due miliardi in più (aggiuntivi rispetto ai due programmati da Draghi) stanziati per la sanità nella legge di bilancio sono pochi e chissà che quell’errore della premier in conferenza stampa quando aveva parlato di 200 miliardi non vada considerato un eloquente lapsus. A rendere la cifra esigua per i diretti interessati ("solo briciole") sono inflazione e caro energia: "Alla sanità del 2023 vengono date più risorse, ma per bollette, vaccini e farmaci anti-Covid, non per servizi e personale. Anche la promessa di indennità per il pronto soccorso viene rinviata al 2024".

Medici al lavoro (Foto Ansa)
Medici al lavoro (Foto Ansa)

I camici assicurano lotta dura: pronti a tutto, dalle manifestazioni allo sciopero. "La sanità pubblica si fermerà per ore, giorni, settimane per non fermarsi per sempre", scrivono in una nota le associazioni sindacali di categoria. Rincara il presidente dell’ordine dei medici, Filippo Anelli. "I due miliardi aggiuntivi siano vincolati all’aumento degli stipendi di medici e sanitari". Di qui la richiesta di un incontro con il ministro della Salute, Orazio Schillaci.

Le Regioni duettano, ed è nell’ordine delle cose che a urlare più forte di tutti sono i presidenti targati centrosinistra: "Con questo livello di inflazione – riassume gli umori il governatore della Puglia e vicepresidente della Conferenza delle Regioni, Emiliano – c’è una diminuzione del finanziamento effettivo del servizio sanitario italiano". Va giù durissimo il Pd: "Tagli alla sanità? Da non credere", dice il segretario Letta. "Chi ha fatto questa legge, vada a lavorare una settimana in pronto soccorso", s’inalbera il microbiologo-senatore Andrea Crisanti.

Vero è che la crisi Covid all’inizio del 2020 aveva evidenziato tutti i limiti della sanità pubblica, in massima parte dovuti ai tagli dei decenni precedenti: inesistenza di una sanità territoriale, insufficienza del personale medico e sanitario, sovraffollamento, rischio di collasso per i pronto soccorso. Allora tutti giurarono che la lezione non sarebbe stata dimenticata, e il Covid sarebbe anzi stato l’occasione per rimettere in piedi la sanità. È andata al contrario. La pandemia ha piuttosto accelerato il collasso della sanità anche perché moltissimi malati sono stati tenuti in stand-by per fronteggiare l’emergenza Covid, e ora affollano i reparti dove scarseggiano invece medici e infermieri. Fronteggiare una situazione così drammatica senza fondi a disposizione non è certo facile. Per questo il Terzo Polo lancia la proposta di utilizzare il Meccanismo europeo di stabilità: "Servono 30 miliardi per interventi strutturali ed il Mes li offre – osserva il capo dei deputati, Matteo Richetti – perché non usarli?". È una vecchia polemica: il Mes sanitario non fu preso dal Conte bis per l’ostilità dei cinquestelle. Il Mes – dicono Calenda & co: – ancora c’è, i vantaggi pure, ma per poco.