Venerdì 19 Aprile 2024

Manovra, perché la Francia può fare il 2,8% di deficit (e l'Italia no)

La manovra annunciata da Macron - con 25 miliardi di tagli fiscali e un rapporto deficit/Pil in salita al 2,8% - fa sperare il governo giallo-verde nell'elasticità di Bruxelles. Ma Roma non è Parigi Manovra, date e scadenze. Dal Def al verdetto Ue: quando sarà legge Pensioni anticipate, ipotesi penalità. La Lega va in soccorso di Tria

Il presidente francese Emmanuel Macron

Il presidente francese Emmanuel Macron

Roma, 24 settembre 2018 - Altro che questione di decimali e 'zero virgola'Emmanuel Macron annuncia un maxi-taglio fiscale da quasi 25 miliardi e alza il rapporto deficit/Pil del 2019 a 2,8% (quest'anno si era fermato a 2,6%). Subito il vicepremier Luigi Di Maio - a caccia di risorse per finanziare le promesse elettorali del governo giallo-verde, dalla Flat Tax al Reddito di cittadinanza - vede uno spiraglio. E ci si butta: "I dogmi dell'Unione Europa sono caduti, siamo un Paese sovrano e possiamo spendere i soldi per i cittadini", sentenzia. In effetti, colpisce vedere i cugini transalpini invertire il trend richiesto da Bruxelles - ovvero tendere progressivamente al pareggio di bilancio, in futuro - mentre all'Italia solo il preventivare un aumento rispetto all'1,6% dell'anno scorso provoca la reazione degli esponenti europei di turno.

Dietro il diverso trattamento, però, c'è una montagna di ragioni. Anzi, di debito pubblico, salito ad oltre 2.300 miliardi nell'ultima rilevazione della Banca d'Italia, ovvero il 130% del Pil. Per fare un paragone, il debito pubblico francese viaggia attorno al 98,7%. Un parametro tutto sommato abbastanza in linea con i Paesi comunitari, che stanno attorno al 80% di media. Peggio di noi, solo la Grecia, per intenderci, con il 177% circa.

In più, il Pil dei prossimi anni difficilmente supererà le quote attuali: insomma, in un quadro dove si prevede un rallentamento dell'economia, con questi conti non si può scherzare. Fermo restando che, comunque, Parigi si terrà ampiamente sotto il 3%, ecco perché l'Italia ha vincoli di spesa più stringenti: se dovesse sforare, scatterebbero le clausole di salvaguardia, a cominciare dalle accise della benzina e dall'aumento dell'Iva che, come si sa, è la più iniqua delle tasse, in quanto colpisce tutti i cittadini in uguale modo.

Un finale che, difficilmente, porterebbe consensi ai partiti che sostengono il governo Conte.

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