Giovedì 18 Aprile 2024

Mancano ingegneri, cuochi e tecnici. Le imprese: così la ripresa si ferma

Entro fine anno previste 1,4 milioni di assunzioni. Ma tante aziende sono a caccia di profili introvabili. Fuga dalla ristorazione, l’allarme di Confcommercio: "L’anno scorso si sono dimessi 116mila dipendenti"

La ripresa dell'occupazione in Italia

La ripresa dell'occupazione in Italia

La prima a lanciare l’allarme, alla vigilia dell’estate, era stata la ristorazione: le attività ripartono ma nelle sale e nelle cucine mancano cuochi e camerieri. E il grido degli imprenditori per la carenza di manodopera si è esteso dai cantieri aperti sulla spinta del Superbonus alle professioni richieste per la ripresa favorita dal Pnrr, dal settore ambientale a quello informatico. A ottobre, secondo Unioncamere e Anpal, le imprese ricercavano oltre mezzo milione di lavoratori, 114mila in più rispetto allo stesso periodo 2019. E tra ottobre e dicembre hanno in programma di attivare 1,4 milioni di contratti (+28,8%). L’industria entro dicembre stima 452mila assunzioni, con maggiori opportunità in meccatronica (93mila posti), metallurgia (68mila), costruzioni (52mila). Il doppio, 900mila, i posti nei servizi: 197mila nel commercio, 167mila nei servizi alle persone, 139mila in quelli operativi di supporto alle imprese.

Ma la difficoltà di reperimento riguarda il 36,5% delle figure richieste. Con uno scarto (in gergo tecnico si chiama mismatch) tra domanda e offerta superiore al 50% per informatica, progettazione e ricerca, installazione e manutenzione. Con professionalità definite "introvabili" dalle aziende come i laureati in ingegneria industriale ed elettronica e i diplomati tecnici, dall’elettrico all’edile al meccanico. Del resto l’Italia è fanalino di coda in Europa per l’istruzione tecnica superiore per cui Romano Prodi ha auspicato, per promuoverla, anche fiction tv su queste professioni.

Un campo dove, per Giulia Amico di Meane, global director di Talent Garden Innovation School, istituto che forma programmatori, esperti di dati e digital marketing, design e business, purtroppo esiste ancora un gap tra ciò che chiede il mercato e scuole e Università. Che in un Paese dove, a causa della pandemia, si sono persi circa un milione di posti e il tasso di disoccupazione è al 9,3%, si incontrino difficoltà ad assumere sembra un paradosso. Eppure, avverte Rosario Rasizza, presidente di Assosomm, Associazione delle agenzie per il lavoro, è "un aspetto che riguarda tutti i settori". In primis figure specializzate: tornitori, fresatori, elettricisti, idraulici, periti meccanici, elettronici ed elettrotecnici e ingegneri. Ma, si chiede Rasizza, è proprio vero che con il Covid, e il blocco dei licenziamenti, si sono persi così tanti posti? La risposta, dietro ai numeri ufficiali, si chiama lavoro nero. Più presente nell’edilizia e in parte in quello agroalimentare. Potatori di alberi da frutta, olivi e vigne ma anche trattoristi sono alcune delle figure che mancano in agricoltura dove un lavoratore su 4 è straniero. Nel II trimestre c’è stato un balzo del 10,4% dei posti ma, ricorda il Responsabile lavoro di Coldiretti, Romano Magrini, "manca la trasmissione dei saperi tra generazioni e si segnalano nuove difficoltà nell’arrivo di professionalità dall’estero per il Covid".

Il fenomeno di chi rinuncia a un contratto per non perdere il Reddito di cittadinanza, arrotondato con un impiego in nero, c’è. Così come la fuga all’estero dei giovani talenti che, in Germania per esempio, ottengono salari anche del 30-40% più alti, ricorda Rasizza, ma sono marginali rispetto al problema generale dei lavoratori mancanti. Che, per la ristorazione, spiega Luciano Sbraga, responsabile Centro studi di Fipe-Confcommercio, ha come prima causa il fatto che l’anno scorso 116mila dipendenti a tempo indeterminato si sono dimessi per impieghi ritenuti più sicuri, dalla logistica alla distribuzione. Se si aggiunge il ritorno a casa di migliaia di immigrati per la pandemia e il minor fascino tra i giovani del lavoro in cucina, denunciato dallo chef Alessandro Borghese, conclude Sbraga, è impossibile pensare di trovare in pochi mesi migliaia di professionalità perse. E non sarà facile, vedi l’appello ai giovani del presidente di Ance Gabriele Buia, soddisfare il fabbisogno del settore delle costruzioni di almeno 265mila operai, impiegati, professionisti e tecnici se non si vogliono fermare i cantieri.

 

 

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