
"I NUMERI sull’intelligenza artificiale ci promettono ritorni enormi. Stiamo parlando, entro il 2030, di una stima del valore generato dall’intelligenza...
"I NUMERI sull’intelligenza artificiale ci promettono ritorni enormi. Stiamo parlando, entro il 2030, di una stima del valore generato dall’intelligenza artificiale pari a 19.9 trilioni di dollari americani in global domestic product che deriveranno principalmente dall’incremento della produttività conseguente l’adozione di questa tecnologia. Secondo le previsioni risulta che, sempre entro il 2030, ogni dollaro investito in intelligenza artificiale genererà 4.6 dollari di ritorno", così Gianluca Salviotti, Associate Professor of Practice di Information Systems e Digital Transformation di SDA Bocconi School of Management (nella foto).
"Questi dati sono però da leggere con molta attenzione", dice Salviotti. Esistono infatti opinioni meno ottimistiche come quella di Daron Acemoglu, Premio Nobel per l’economia nel 2024 e professore di economia al MIT, il quale afferma che nel best case scenario il boost dell’intelligenza artificiale sarà solamente dell’uno per cento entro i prossimi 10 anni.
Questo perché in realtà bisogna considerare che l’adozione degli algoritmi intelligenti da parte delle imprese è lenta, solo una piccola percentuale di esse la utilizza regolarmente, ed esitano a investirci su larga scala a causa della rapida evoluzione della tecnologia, che potrebbe rendere gli investimenti rapidamente obsoleti oltre a portare a problemi tecnici e di implementazione. Da considerare, inoltre, anche le preoccupazioni riguardo alla sicurezza dei dati, agli algoritmi di AI distorti e agli errori, tutti fattori che, appunto, ne rallentano l’adozione. La funzione Finance è dunque chiamata a trasformarsi, abbracciando il concetto di Digital Finance Evolution. Per farlo, secondo Salviotti, il direttore finanziario delle aziende deve saper governare tre dimensioni chiave: allineamento tecnologico, ovvero garantire la coerenza degli strumenti IT con la strategia aziendale, allineamento organizzativo, promuovendo cultura digitale e coinvolgimento delle persone, allineamento operativo, integrando dati e processi per ottenere valore reale. La Data Governance rappresenta il nodo cruciale anche secondo Maurizio Dardi, Partner Area CPM & ESG di Nextea. Due sono le precondizioni necessarie: qualità e gestione accurata del dato: "In molte imprese, il potenziale tecnologico disponibile non trova terreno fertile a causa di sistemi informativi arretrati, utilizzo di strumenti non integrati (come semplici fogli Excel scollegati da sistemi ERP), scarsa cultura del dato, errori manuali ricorrenti e mancanza di aggiornamento delle anagrafiche e dei master data. Tutto ciò genera inefficienze, informazioni distorte e decisioni aziendali sbagliate, minando la credibilità e la competitività dell’organizzazione", dice.
E non si tratta solo di tecnologia: la scelta degli strumenti è successiva rispetto alla necessità, prioritaria, di ridisegnare i processi di raccolta dei dati, definizione dei KPI, monitoraggio e reporting. Un ambito per il quale Nextea offre supporto concreto e altamente specializzato. L’obiettivo è abilitare una strutturazione dei dati aziendali per passare da un uso reattivo a uno strategico dell’informazione, trasformando i dati da semplice risorsa a vero e proprio patrimonio competitivo. Unicità, consistenza, integrità, completezza, tempestività e conformità del dato e quindi la costruzione di un framework di data governance solido, permettono infatti di identificare, archiviare, rendere disponibili e integrare i dati in modo efficace. Per farlo, però, occorre passare da una logica di controllo alla visione, per sostenere operazioni strategiche che supportino l’evoluzione aziendale.
Le. Ma.