
QUARANT’ANNI FA, in Puglia, Domenico Favuzzi fondava una piccola società di servizi informatici. Oggi guida Exprivia, un gruppo presente in...
QUARANT’ANNI FA, in Puglia, Domenico Favuzzi fondava una piccola società di servizi informatici. Oggi guida Exprivia, un gruppo presente in dieci Paesi, con 4.000 dipendenti e un piano industriale da un miliardo di euro. Una crescita paziente e costruita con cura. "Per innovare davvero – dice – servono le persone giuste e il coraggio di guardare oltre".
Favuzzi, Exprivia ha appena completato l’integrazione con il gruppo Present. Che realtà nasce da questa unione?
"Una realtà più solida, completa. Present è un’azienda con oltre trent’anni di esperienza nelle infrastrutture digitali, nelle applicazioni a valore e nei servizi gestiti. Con i suoi 1.200 professionisti, ci ha permesso di rafforzare la nostra offerta, ampliare il portafoglio clienti e superare i 330 milioni di euro di fatturato. Insieme operiamo in settori chiave come automotive, banking, industria, sanità, e pubblica amministrazione. Si tratta di un’integrazione importante, che ci rafforza in aree strategiche d’offerta, quali la system integration Sap, nella quale siamo ormai uno dei principali campioni nazionali, i managed service, la customer experience".
Cosa significa ‘crescere’?
"Non è una questione di numeri, ma di qualità. Crescere, per noi, significa migliorare la qualità dell’offerta, espandere le competenze e rafforzare la fiducia dei clienti. Puntiamo a 400 milioni di euro di ricavi entro il 2026 e, nei cinque anni successivi, a raggiungere il miliardo. È ambizioso, ma realistico. Il piano prevede sia una crescita organica, tra il 5 e il 10% l’anno, sia nuove acquisizioni nei settori più strategici, o dal punto di vista del mercato (per esempio: sanità, aerospazio, banking), o dal punto di vista tecnologico (AI, cybersecurity, data management). E per accelerare questo percorso, stiamo valutando anche l’ingresso di un socio finanziario di minoranza, con una visione industriale di lungo termine".
Che ruolo ha il capitale umano in questo percorso?
"Fondamentale. Senza le persone giuste non c’è innovazione. Nei prossimi due anni prevediamo un incremento del 15-20% della forza lavoro, puntando su giovani laureati e diplomati STEM, ma anche su talenti italiani che oggi lavorano all’estero. Vogliamo essere un polo attrattivo, dove si possa lavorare in modo stimolante e inclusivo, crescere e contribuire davvero allo sviluppo tecnologico del Paese. Puntiamo anche su formazione continua e valorizzazione delle competenze interne. L’identità di Exprivia ha radici profonde nel Sud". Oggi è un’azienda che compete su scala globale. Quanto contano le origini?
"Moltissimo. Siamo nati a Molfetta, in Puglia, e oggi operiamo su tutto il territorio nazionale e in nove Paesi esteri, ma quella radice non si è mai persa. Ci ha insegnato a costruire con cura, a partire dal territorio, senza scorciatoie. La tecnologia, per noi, non può essere un fine: deve migliorare la vita dei cittadini, delle imprese, della società. Deve servire le persone, non il contrario".
Nel vostro piano c’è stata anche l’uscita da Borsa Italiana. Perché?
"Era il momento giusto per farlo. Non perché la Borsa non sia stata utile, ma perché il nostro percorso aveva bisogno di maggiore flessibilità. Il delisting ci ha dato autonomia nei tempi e nelle scelte. Ci ha permesso, per esempio, di finalizzare in modo rapido e deciso l’integrazione con Present, di investire in maniera coerente con la nostra visione e di guardare avanti senza la pressione di logiche finanziarie di breve periodo. È stata una scelta strategica, non tattica".
L’Intelligenza Artificiale è uno dei vostri asset strategici. Come la state applicando?
"In modo concreto. Lavoriamo sull’elaborazione di applicazioni in linguaggio naturale, sull’analisi predittiva, su sensori e wearable per il monitoraggio industriale, e sul CRM, anche grazie all’acquisizione di Balance. Applichiamo l’AI dove serve davvero: sanità, industria, aerospazio, customer experience. Non per sostituire le persone, ma per potenziarle. L’AI non è la fine del lavoro umano: è una nuova fase della collaborazione tra persone e tecnologie che richiede consapevolezza, etica e competenze".
In quali settori vedete oggi le trasformazioni più profonde? E quindi quelli in cui scorgete più opportunità?
"Sanità, aerospazio, banking ed energia, per fare degli esempi. La prima sta evolvendo verso un modello centrato sul paziente e sulla prevenzione, grazie alla digitalizzazione dei dati clinici e dei percorsi di cura. Il mondo bancario, che evolve verso servizi personalizzati e predittivi. E nel campo dell’energia, dove l’intelligenza distribuita, la sostenibilità e il monitoraggio in tempo reale stanno ridisegnando infrastrutture e modelli di consumo. In tutti questi ambiti, Exprivia è già attiva con soluzioni concrete e progetti che parlano al futuro, spesso in collaborazione con partner e istituzioni".
Exprivia lavora su tecnologie complesse in settori molto diversi. Che cosa significa oggi, in Italia, fare davvero innovazione tecnologica?
"Significa misurarsi con sistemi critici, ambienti complessi e obiettivi concreti e sfidanti: rendere i servizi di base più accessibili, le fabbriche e le aziende più efficienti, la PA più vicina ai cittadini. Lavoriamo su AI, Cloud, Dati, ma anche su infrastrutture, piattaforme, sicurezza. Fare tecnologia, per noi, vuol dire integrare tutto questo in modo utile, affidabile e sostenibile. Ed è quanto ci chiedono i clienti, siano privati o istituzioni".