Giovedì 25 Aprile 2024

"Ma l’intelligenza artificiale non sostituirà il talento"

"Ma l’intelligenza artificiale  non sostituirà il talento"

"Ma l’intelligenza artificiale non sostituirà il talento"

TUTTE LE RIVOLUZIONI portano con sé grandi cambiamenti, ed è così anche per la quarta rivoluzione industriale, quella digitale. Il mondo si divide fra apocalittici e integrati, fra chi, con fideismo, accetta tutto ciò che la tecnologia comporta e chi invece teme ogni novità. In questo contesto, che va veloce, Michele Petrocelli, docente di economia politica all’Università Guglielmo Marconi di Roma e autore del saggio "(In)coscienza digitale" (Lastaria), indaga i risvolti economici dell’intelligenza artificiale e del metaverso.

Rispetto al digitale siamo incoscienti?

"Quando ho iniziato a fare ricerca sull’impatto della rivoluzione digitale sulle nostre vite e in particolare sull’economia, la politica, la società, la scuola, mi sono reso conto che il tema riguardava tutti e che quindi il libro andava riscritto in chiave molto più divulgativa. Questo perché, per quanto la tecnologia faccia parte di tutti gli aspetti della nostra vita, forse non ne abbiamo del tutto compreso gli impatti".

Perché il digitale riguarda tutti?

"Perché è cambiato il paradigma. Trasformare tutto il mondo in numeri comporta dei cambiamenti. Ogni nostra scelta, come cittadini e come consumatori, può essere indirizzata, con le informazioni in possesso a big data che ci riguardano".

Intelligenza artificiale, metaverso cambieranno molto anche il mercato del lavoro?

"Certamente sì. Come in tutte le precedenti rivoluzioni tecnologiche. Ma rispetto al passato questa va così veloce, che è difficile stare dietro al cambiamento. Con l’intelligenza artificiale molte competenze cambieranno, altre scompariranno, quel che è certo è che occorre ripensare l’organizzazione del lavoro, ma anche la scuola".

Quali competenze resteranno?

"Quelle umane, il pensiero laterale, le emozioni. Noi non possiamo e non dobbiamo competere con le macchine sulle competenze, ma dobbiamo farlo sul pensiero e sulle doti umane. Cioè su tutto ciò che è basato sulla motivazione intrinseca, la passione, le emozioni. Invece la scuola punta sulle competenze basate sulla motivazione estrinseca, la nozione, il premio, il voto".

Cosa bisogna fare per sopravvivere al digitale?

"Stimolare i talenti e la digitalizzazione come competenza. Noi pensiamo che le competenze digitali siano proprie solo delle professioni scientifiche, ma in realtà sono competenze diffuse nella vita di tutto i giorni. Dobbiamo potenziale lo studio delle stem, le materie scientifiche, ma anche capire che le competenze digitali servono a prescindere e che ognuno deve sviluppare i propri talenti".

Lei, rispetto alle innovazioni del digitale, è più apocalittico o più integrato?

"Nessuno dei due. La digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, il metaverso sono fatti. Sta a noi scegliere se vogliamo seguire la tecnologia e farci guidare da lei o se vogliamo scegliere e orientare il tutto".

Servono regole chiare.

"Sul digitale in parte l’Europa ha perso la partita, perché cerca di voler regolamentare per esempio big data, quando questi già risiedono spesso in paesi altri, Cina, Stati Uniti".

Per ChatGpt l’Italia ha chiesto lo stop in previsione di una regolamentazione.

"Ci sono due aspetti che preoccupano, non sempre chi la usa sa che cosa sta usando. Inoltre in generale ci fidiamo troppo della tecnologia. Sappiamo invece che se interroghiamo ChatGpt la risposta è verosimile, non corretta al cento per cento, quindi serve una verifica delle fonti".

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