Lucart, il Tetra Pak e la leadership in economia circolare

FINO A QUALCHE ANNO fa era un prodotto inesorabilmente destinato alla discarica. Oggi è un esempio virtuoso di economia circolare e di come industria e ambiente possano trovare insieme nuove strade per una sostenibilità che non sia non solo di facciata. Parliamo del Tetra Pak (nella foto da sinistra a destra: Tommaso De Luca, Corporate Communication Manager di Lucart; Lorenzo Nannariello, Sustainability Manager di Tetra Pak e Francesco Pasquini, Chief Sales & Marketing Officer di Lucart), il poliaccopiato per eccellenza, il contenitore che tutti quanti teniamo in mano decine di volte al giorno quando beviamo un succo di frutta, del latte o usiamo la passata di pomodoro. Formato da un contenitore in cellulosa (la materia prima per carta e cartone), da un film di polietilene (plastica) e da un sottolissimo strato di alluminio; il Tetra Pak è stato inventato dall’omonima azienda svedese grazie alle intuizioni del suo fondatore, Ruben Rausing, che era alla ricerca di un contenitore per il latte assolutamente impenetrabile all’aria, resistente e facilmente trasportabile.

I contenitori che all’epoca si chiamavano Tetra Classic furono introdotti sul mercato agli albori degli anni ’50 del secolo scorso, in pieno boom economico. Da allora sono diventati dei prodotti insostituibili nella catena di distribuzione alimentare, al punto che oggi l’omonima azienda che gli produce è presente in oltre 160 paesi e ha raggiunto i 12,5 miliardi di euro di vendite nette nel 2022. Asettico, impenetrabile all’aria e agli agenti atmosferici, il Tetra Pak è stato una vera rivoluzione copernicana per il mondo degli imballaggi alimentari (pensiamo solo alla logistica: il Tetra Pak pesa fino a dieci volte meno del vetro...) al punto da far cambiare in modo radicale anche le abitudini di noi consumatori (che se guardiamo nelle dispense della nostre case scopriamo di avere più Tetra Pak di quanto credessimo: a oggi nella Ue il 75 per cento del latte e il 59 dei succhi sono protetti da cartoni asettici).

Fin qui tutto bene. Fino a quando, cioè, non si inizia a rendere necessario il riciclo dei materiali utilizzati. E se vetro, pet, carta e cartone rappresentavano prodotti più per così dire “facili“ per uno smaltimento corretto, le cose diventavano un po’ più complesse per il Tetra Pak. Perché se cartone, plastica e alluminio insieme sono tre ottime materie prime anche nelle loro seconde vita, c’era solo bisogna di capire come fare a riutilizzarle. Ebbene, ci sono voluti anni di studio e di ricerche, ma oggi ci siamo arrivati. Grazie soprattutto all’impegno di una cartiera fondata a Villa Basilica, un piccolo paese sulle colline lucchesi, negli stessi anni in cui il Tetra Pak invadeva il mondo con il suo poliaccoppiato.

Parliamo della Lucart, nata nel 1953 come Cartiera Lucchese grazie all’ingegno dei fratelli Pasquini e diventata oggi una multinazionale con stabilimenti in undici paesi del mondo e più di 1700 dipendenti, una capacità produttiva superiore alle 396mila tonnellate all’anno e i cui prodotti (noti con brand come Lucart, Tenderly, Tutto) sono presenti in oltre 70 paesi del mondo per un fatturato di oltre 717 milione di euro (2022). Oggi la Lucart nel polo produttivo di Diecimo (Borgo a Mozzano) ha da anni realizzato assieme a Tetra Pak e Comieco (il consorzio per il recupero degli imballaggi in cartone) una collaborazione tra industria del packaging e del riciclo che sta portando a risultati ambiziosi e fino a qualche anno fa insperati. È un progetto per il recupero del cento per cento del Tetra Pak, grazie al quale con la parte in carta del contenitore si ottiene nuova cellulosa (Fiberpack) di ottima qualità, a fibre lunghe e non sbiancata e che diventa materia prima a impatto quasi zero per tutti i processi produttivi di Lucart.

Dalla plastica e dall’alluminio deriva invece un materiale omogeneo (Al.Pe.) composto da polietilene e alluminio con cui possono essere realizzati vari prodotti. A partire dai dispenser per i prodotti Lucart che spesso si vedono nei locali pubblici, fino ai prodotti a marco Newpal come i pallet riutilizzabili e le cassette per l’ortofrutta a sponde abbattibili (quelle normalmente utilizzate in tutti i supermercati). Certo, alla base di tutto questo c’è la necessità di implementare la raccolta differenziata e aumentare la capacità di selezione dei cartoni per bevande raccolti in maniera differenziata. A oggi In Italia siamo sopra al 40 per cento di raccolta con l’obiettivo di arrivare al 60% nel 2025 (in Ue siamo passati dal 29% del 2009 all’odierno 52%). Se raccolti in modo corretto (e cioè seguendo le istruzioni del proprio Comune di residenza, visto che il Tetra Pak può andare indistintamente con la carta o il multimateriale), i cartoni per bevande arrivano in cartiera e vengono inseriti in dei pulper e mescolati ad acqua. Questo processo separa la carta dai polimerie dall’alluminio. Le fibre di carta sono pulite, pressate, asciugate e trasformate in rotoli di carta; mentre i polimeri e l’alluminio (pollyAl) sonoe stratti e sminuzzati insieme per formare dei granuli. Per cui la prossima volta che bevete un succo di frutta o del latte, preoccupatevi soprattutto di riciclare in modo corretto (e per farlo basta seguire le istruzioni della raccolta differenziata in vigore nella vostra città) il contenitore in Tetra Pak, così facendo dare vita a un processo virtuoso i cui benefici ricadono su tutti.

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