NELLA TERRA del culatello, del prosciutto di Parma e del Parmigiano Reggiano si produce un’altra eccellenza alimentare che finisce sulle tavole delle famiglie e dei ristoranti: il salmone affumicato. E, via via negli anni, l’affumicatura ha riguardato anche tonno e pesce spada e la produzione anche le marinature e prodotti che seguono i nuovi trend dei consumi come fishburger, sashimi aromatizzati, poké e salmoody. L’idea coraggiosa e controcorrente, caratteristica da sempre del salmone che gli antichi romani chiamavano "Salo salar" proprio dal verbo salire riferendosi al suo incredibile viaggio di andata e ritorno fra acque dolci e salate, è venuta quasi 25 anni fa a Gianpaolo Ghilardotti che da chef – passione che oggi coltiva ancora come hobby – si è trasformato in imprenditore insieme con il fratello Francesco e la sorella Elisabetta. L’idea, vincente, agli inizi del Duemila è stata quella di affumicare i salmoni norvegesi e scozzesi e il selvaggio Sockeye dell’Alaska, nel Parmense. Prima con i forni a legna di faggio fatti in casa e sperimentati in giardino e poi, anno dopo anno, con la creazione di una vera e propria industria, la Foodlab. "Che oggi – esordisce Gianpaolo Ghilardotti, Ceo di Foodlab – è diventata leader tra i produttori italiani con circa 43 milioni di euro di ricavi con l’obiettivo di arrivare presto a 50 e a 70-80 nel giro di cinque e sei anni grazie anche al progetto di uscire dall’Italia e cominciare a inserirsi anche nei mercati europei pur conoscendo le difficoltà di competere con i grandi gruppi, in particolare quelli del Nord Europa".
Da giovane cuoco italiano a imprenditore capace di perfezionare una nuova tecnica per affumicare il salmone e renderlo ancora più prelibato: è andata proprio così?
"Si sa, il salmone non nuota nelle nostre acque ma arriva dai freddi e lontani mari del Nord. Foodlab ha deciso fin dall’inizio di selezionarlo con cura evitando il congelamento – tranne per quello selvaggio – e lavorarlo e affumicarlo con lavorazioni manuali, artigianali e nello stesso tempo innovative con una grande attenzione alla sicurezza alimentare e alla sostenibilità".
Quindi?
"Passo dopo passo, anno dopo anno, l’azienda è cresciuta fino a posizionarsi come realtà leader in Italia nel proprio mercato di riferimento. I nostri prodotti sono presenti nelle cucine di numerosi e rinomati ristoranti ma l’85% dei ricavi deriva dalle vendite nelle più importanti catene della grande distribuzione sia con i marchi private label dei singoli supermercati sia con il nostro marchio che dal 2021 è stato rebrendizzato in Fumara e caratterizza la nuova linea prodotti che mette a frutto un’esperienza ormai ventennale. Un nome evocativo, che rimanda alle origini: fumära in dialetto parmigiano infatti è la nebbia, fenomeno meteorologico che da sempre caratterizza queste terre. Fumara presenta una gamma di specialità ampia e preziosa che oltre ai salmoni dell’Atlantico freschi e mai congelati e ai Salmoni selvaggi Sockeye, comprende tra l’altro una linea di cotti al vapore, di cui fanno parte anche pesce spada, tonno e merluzzo".
Qual è la formula segreta del successo di Foodlab?
"Ho un passato e di conseguenza un palato da chef che mi hanno portato a mettere a punto negli anni un sistema di affumicatura che garantisse al salmone un sapore particolarmente soft. Il mio presente da imprenditore, d’altro canto, mi impone di riporre sempre la massima attenzione al tema della sicurezza alimentare. Mi piace sottolineare che la tecnologia utilizzata, unica e perfezionata negli anni, e un sistema di filtrazione studiato ad hoc regalano al prodotto finito un duplice plus. Da un lato, puramente sensoriale, consentono un’aromatizzazione delicata che sposa il gusto tipicamente italiano e che stempera le note aggressive tipiche del salmone lavorato nei Paesi del Nord. Dall’altro, non meno importante, assicurano una considerevole riduzione - ben al di sotto dei limiti imposti dalla normativa - degli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) normalmente connessi ai processi di affumicatura e potenzialmente dannosi per la salute".
Foodlab è anche innovativa per l’ambiente di lavoro?
"Il nuovo stabilimento, per cui abbiamo investito 11 milioni di euro, è innanzitutto green a partire dall’autoproduzione di energia con gli impianti fotovoltaici per cui stimiamo di arrivare a una produzione di 1 megawatt nel 2024. L’attenzione ai valori Esg, esplicitata nel nostro Bilancio di sostenibilità, del resto parte dalla scelta di una materia prima certificata per il rispetto dell’ambiente degli allevamenti e arriva fino al packaging che oggi supera la quota dell’80% per la riciclabilità con l’obiettivo di arrivare presto al 95%".
Torniamo allo stabilimento…
"Parliamo di tanta luce, poco calore disperso e basso impatto ambientale. Legno chiaro e grandi vetrate. Linee essenziali e arredi minimal. Ma ampie location dove accogliere ospiti e sale preposte per meeting e riunioni. Tanti spazi comuni per regalare a dipendenti e collaboratori momenti di socializzazione e pause relax, come la palestra attrezzata e anche la musica che si diffonde nei reparti e credo renda più attrattiva, come tutto il resto del welfare, l’azienda e anche piacevole lavorare così come guardare, oltre le grandi vetrate, le sponde del Po. Il grande fiume con le sue brume e le sue nebbie così amato dalla gente del posto".
Gente che ha trovato un impiego in Foodlab?
"Oggi Foodlab, che è in grado di lavorare ogni anno 5mila tonnellate di materie prime, impiega oltre 140 dipendenti che salgono a oltre 250 nel periodo di massima attività come quello di novembre e dicembre. L’85% dell’occupazione è femminile – il 55% in ambito manageriale – e quando siamo nelle fasi di punta oltre la metà dei lavoratori non è italiano ma di altre nazionalità con una forte presenza di indiani. Il problema nel reperimento della manodopera sta diventando sempre più grande e per questo stiamo pensando a progetti alternativi per poterla importare e formare dal Sud del mondo all’Est europa".