Mercoledì 16 Luglio 2025
MONICA PIERACCINI
Made in Italy

Dalle radici alle nuove sfide, così Pineider guarda al futuro

NEL CUORE di Firenze, a pochi passi da piazza della Signoria, esiste un luogo dove la bellezza prende forma sotto...

NEL CUORE di Firenze, a pochi passi da piazza della Signoria, esiste un luogo dove la bellezza prende forma sotto...

NEL CUORE di Firenze, a pochi passi da piazza della Signoria, esiste un luogo dove la bellezza prende forma sotto...

NEL CUORE di Firenze, a pochi passi da piazza della Signoria, esiste un luogo dove la bellezza prende forma sotto le mani di artigiani esperti. È l’universo Pineider, una delle più antiche e prestigiose maison italiane, diventata negli anni simbolo del made in Italy nel mondo. Direttore generale è Nicola Andreatta. Con lui abbiamo parlato del presente e del futuro di Pineider, tra sfide internazionali, nuove generazioni ed un legame profondo con Firenze e la Toscana.

Pineider è un nome storico, non solo per Firenze ma per tutto il Made in Italy. Ci racconta in breve come si è evoluta l’azienda dalle origini a oggi?

"Fondata nel 1774 in Piazza della Signoria, Pineider nasce come bottega artigiana specializzata in carta pregiata e oggetti da scrittura, diventando rapidamente un punto di riferimento per l’élite culturale e politica dell’epoca. Nei secoli successivi, il marchio ha attraversato l’Unità d’Italia, due guerre mondiali e il boom economico, mantenendo sempre un’identità fortemente legata alla tradizione fiorentina e all’eccellenza artigianale. Scelta da papi, capi di stato e grandi intellettuali, Pineider si è sempre distinta per la qualità dei materiali, l’attenzione al dettaglio e la capacità di personalizzazione. Con il tempo, alla cartoleria e agli strumenti di scrittura si è aggiunta la pelletteria, ampliando l’universo del brand e rafforzandone il posizionamento nel segmento del quiet luxury. Oggi Pineider è impegnata in un processo di rinnovamento, volto a valorizzare la sua eredità culturale reinterpretandola in chiave contemporanea, puntando su un’idea di lusso consapevole e su una visione che celebra il tempo, il gesto e la bellezza delle cose fatte bene. I nostri prodotti, come i nostri valori, parlano una lingua silenziosa ma potente: quella dell’eternità artigianale e del Made in Italy".

Quanto pesa l’export sul vostro fatturato complessivo?

"Rappresenta circa un terzo del nostro fatturato, grazie anche alla presenza diretta nelle boutique di Londra e New York e ad un e-commerce globale in continua ed importante crescita. Ma più che nei numeri, crediamo nel valore del percorso. Per Pineider, aprirsi ai mercati internazionali significa costruire una presenza coerente e significativa. Non vendiamo semplicemente prodotti, ma una visione culturale fatta di tempo, gesto, bellezza e artigianato italiano. È per questo che il nostro approccio è omni-canale e client-centrico: vogliamo che l’esperienza Pineider sia la stessa, ovunque il cliente ci incontri. E questo obiettivo richiede tempo e attenzione nel selezionare partner e luoghi giusti".

I recenti cambiamenti nei dazi internazionali stanno avendo ripercussioni sul vostro export?

"Più dei dazi in sé, a pesare è l’incertezza: un contesto instabile che richiede un modello di business antifragile, capace di adattarsi e resistere anche nei momenti di contrazione. È una condizione a cui, soprattutto in Europa, eravamo meno abituati. Per vincere oggi bisogna essere selettivi, avere una struttura snella, puntare sulla qualità anziché sulla quantità, e soprattutto su una relazione profonda e diretta con il cliente. Nel nostro caso, cerchiamo di assorbire l’impatto dei dazi il più possibile. Il cliente è già messo alla prova da continui aumenti di prezzo in tutto il settore, e non vogliamo che trovi nell’ennesima giustificazione un motivo in più per sentirsi tradito. La relazione di fiducia con il cliente è prioritaria".

Come state gestendo l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia?

"Da Pineider le cose si fanno con la testa e con le mani. L’impatto degli aumenti energetici è quindi marginale per noi. A preoccuparci di più è la mancanza di ricambio generazionale nella manifattura artigianale e la crisi del comparto pelletteria, in particolare in Toscana, dove si sta perdendo un patrimonio di competenze che non è facile ricostruire".

State lavorando su innovazioni di prodotto o su nuove linee per intercettare i gusti di una clientela più giovane?

"Stiamo lavorando ad una nuova generazione di prodotti, pienamente allineati alla nostra nuova direzione creativa, che interpreta l’eredità del marchio in chiave contemporanea. L’obiettivo non è rincorrere le mode, ma attrarre un pubblico giovane che cerca autenticità, qualità e significato. Oggi i giovani più attenti non sono attratti dall’ostentazione, ma da prodotti che raccontano una storia, che durano nel tempo, che riflettono valori come la bellezza consapevole, la sostenibilità e il savoir-faire. È su questo terreno che Pineider incontra le nuove generazioni: non cambiando linguaggio, ma affinando il proprio, per essere ascoltato da chi è in cerca di esperienze più profonde e personali. Inoltre, abbiamo aperto il canale Tiktok di Pineider proprio qualche giorno fa per dialogare con i più giovani e promuovere i nostri valori".

Quali sono i progetti e gli obiettivi principali di Pineider per i prossimi anni?

"Il nostro progetto è chiaro: riportare Pineider al centro della scena internazionale. Nei prossimi anni vogliamo certamente crescere, ma con misura, coerenza e bellezza. Ampliare la nostra presenza all’estero, rafforzare i canali diretti, sviluppare nuove collezioni che parlino ad una generazione nuova, senza mai tradire il nostro spirito. Vorremmo vedere una lettera scritta a mano, una briefcase elegante, un taccuino Pineider nelle mani di chi, ogni giorno, rende il mondo un po’ più bello. Di chi sceglie l’autenticità invece della fretta, la profondità invece della superficie, di chi lo ispira, di chi ancora oggi crede che l’autenticità abbia più valore della velocità. Fare in modo che ogni oggetto firmato Pineider continui a essere ciò che è sempre stato: un piccolo gesto d’eternità".