Mercoledì 18 Giugno 2025
REDAZIONE ECONOMIA

"Così il decreto. Salva-Milano si perde nella giungla normativa"

IL CASO della legge “Salva-Milano” riguarda un disegno di legge (Ddl) volto a fornire un’interpretazione autentica di alcune norme urbanistiche...

IL CASO della legge “Salva-Milano” riguarda un disegno di legge (Ddl) volto a fornire un’interpretazione autentica di alcune norme urbanistiche...

IL CASO della legge “Salva-Milano” riguarda un disegno di legge (Ddl) volto a fornire un’interpretazione autentica di alcune norme urbanistiche...

IL CASO della legge “Salva-Milano” riguarda un disegno di legge (Ddl) volto a fornire un’interpretazione autentica di alcune norme urbanistiche nazionali, con l’obiettivo di sbloccare cantieri a Milano, paralizzati a seguito di inchieste della Procura della Repubblica per presunti abusi edilizi. La questione centrale è se le procedure adottate dal Comune di Milano per autorizzare interventi edilizi, in particolare quelli classificati come “ristrutturazione edilizia”, siano conformi alle normative urbanistiche, sia nazionali (Testo Unico Edilizia, Dpr 380/2001) sia regionali (leggi urbanistiche della Regione Lombardia).

La Procura di Milano ha contestato al Comune di Milano di aver autorizzato interventi edilizi di rilevante entità (come le demolizioni e ricostruzioni di edifici, anche di notevole altezza) qualificandoli come “ristrutturazioni edilizie” e assentendoli tramite Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) o SCIA alternativa al permesso di costruire. Secondo i magistrati, tali interventi avrebbero invece richiesto un piano attuativo (come un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata) in base all’articolo 41-quinquies della legge 1150/1942, con un’approvazione collegiale della giunta comunale e una valutazione urbanistica più approfondita. Inoltre, la Procura ha ipotizzato che tali pratiche abbiano comportato una riduzione degli oneri di urbanizzazione e standard urbanistici, configurando un danno erariale e, in alcuni casi, un “sistema” di gestione urbanistica irregolare.

Tra le normative urbanistiche della Regione Lombardia rilevanti per il caso c’è anzitutto la legge regionale 12/2005, che disciplina la pianificazione urbanistica comunale e regionale, stabilendo i criteri per gli strumenti urbanistici (come il PGT - Piano di Governo del Territorio) e le modalità di attuazione degli interventi edilizi. La legge consente ai Comuni una certa flessibilità nell’interpretazione delle norme nazionali, ma richiede il rispetto delle disposizioni statali, come quelle del Testo Unico Edilizia.

La legge Regionale 18/2019 specifica le modalità per gli interventi di rigenerazione urbana e disciplina alcune semplificazioni per le ristrutturazioni edilizie, in linea con la normativa nazionale. Tuttavia, non esenta dall’obbligo di piani attuativi per interventi che modificano significativamente il carico urbanistico o i parametri planivolumetrici. La legge Regionale 20/2024, infine, ha recepito alcune disposizioni del Decreto Salva-Casa (Dl 69/2024), aggiornando la modulistica e le procedure per SCIA, permessi di costruire e cambi di destinazione d’uso, ma non interviene direttamente sulle questioni sollevate dalla Procura riguardo ai piani particolareggiati.

Il Comune di Milano ha operato all’interno del quadro normativo regionale ma si è avvalso di un’interpretazione estensiva della definizione di “ristrutturazione edilizia” prevista dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del DPR 380/2001, modificata dal Decreto Semplificazioni 2020. Tale norma consente interventi di demolizione e ricostruzione con sagoma, prospetti e caratteristiche planivolumetriche diverse, purché nel rispetto del vincolo volumetrico e delle procedure abilitative previste dalla legislazione regionale o comunale. Questa interpretazione è stata applicata anche in virtù delle disposizioni regionali che consentono ai Comuni di declinare in senso più “liberista” le norme nazionali.

Le procedure seguite dal Comune di Milano si basano su un’interpretazione della normativa nazionale: il Comune ha considerato legittimi degli interventi di demolizione e ricostruzione come “ristrutturazioni edilizie” sulla base della definizione ampliata dell’articolo 3, lettera d) del Dpr 380/2001, evitando in molti casi la necessità di un piano particolareggiato. Questa interpretazione è stata appunto contestata dalla Procura, che ritiene tali interventi come “nuove costruzioni” soggette a piani attuativi.

Strumenti urbanistici comunali come il Piano di Governo del Territorio (PGT) di Milano e il Regolamento Edilizio Comunale (aggiornato al 2019 con le Definizioni Tecniche Uniformi regionali) permettono una certa flessibilità nella qualificazione degli interventi ma devono comunque rispettare i limiti imposti dalla normativa statale e regionale. La Legge Regionale 12/2005 e successive modifiche non impone esplicitamente l’obbligo di un piano particolareggiato per interventi in aree urbanizzate, purché siano rispettati i parametri urbanistici e le dotazioni territoriali. Tuttavia, la Procura ha sostenuto che il Comune abbia bypassato tali requisiti, autorizzando interventi rilevanti con procedure semplificate (SCIA).

Il Ddl Salva-Milano, approvato alla Camera nel novembre 2024 e ancora in discussione al Senato (AS 1309), introduce un’interpretazione autentica dell’articolo 41-quinquies della Legge 1150/1942 e dell’articolo 3 del Dpr 380/2001, stabilendo che non è obbligatorio un piano particolareggiato per nuove costruzioni o sostituzioni edilizie in ambiti già urbanizzati, purché siano rispettati i parametri urbanistici comunali e regionali. Gli interventi di demolizione e ricostruzione, anche con caratteristiche diverse dall’edificio originario, rientrano quindi nella categoria di “ristrutturazione edilizia” a partire dal 2013, senza necessità di piani attuativi, se conformi ai vincoli volumetrici. Questa interpretazione retroattiva mira a sanare le presunte irregolarità contestate dalla Procura (che potrebbe sollevare questioni di costituzionalità contro il Ddl, ritenendo che interferisca con procedimenti giudiziari in corso) ma è stata criticata come una “contro-riforma urbanistica” perché non richiede il pagamento di oneri aggiuntivi per gli interventi sotto accusa, a differenza di un condono edilizio tradizionale. Il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha sottolineato invece che il Ddl non è una sanatoria, ma un tentativo di semplificare la burocrazia senza compromettere la legalità.

Assoedilizia