
TUTTO È COMINCIATO nel 1943 a Torrita di Siena, in una una piccola officina artigianale che lavorava il legno. Con il passare del tempo quella piccola azienda si specializza in attrezzature per movimentare il legno, accessori alle fiorenti industrie del mobile della Valdichiana senese e aretina. Ottanta anni dopo, quella piccola officina è diventata un’azienda leader nel settore dell’automazione industriale e della logistica interna. È un gruppo con oltre 400 dipendenti, con quattro sedi produttive nel mondo (il quartier generale a Torrita, Cassioli Brasil in Brasile poi in Polonia e infine, l’anno scorso a Newnan in Georgia, sbarco produttivo negli Stati Uniti), ha un fatturato complessivo di oltre 80 milioni di euro e quattro divisioni strategiche, con una quinta in arrivo: intralogistica, aeroportuale, tires e manifacturing, linee di montaggio nel settore del bianco.
Carlo Cassioli, l’amministratore delegato, rappresenta la terza generazione della famiglia che ha dato vita all’azienda, con il fratello Paolo che è presidente e figli e cugini alla guida di varie direzioni. Ma l’impresa ha già imboccato la strada di un’evoluzione del modello di azienda familiare. "Il settore trainante in questa fase – è l’incipit di Carlo Cassioli – è la movimentazione nel settore pneumatici. Goodyear, Michelin, Pirelli sono i nostri clienti che generano i fatturati più alti. Per loro ci occupiamo di tutto, dai magazzini all’intralogistica fino all’area di spedizione".
Il marchio Cassioli c’è anche nel nastro bagagli all’aeroporto di Dar er Salaam in Tanzania.
"La divisione aeroportuale è a parte, vive di luce propria. Produciamo direttamente, o per grandi gruppi come Siemens, il carosello bagagli e tutti gli impianti di handling, lo smaltimento bagagli sia per l’imbarco che per lo sbarco dei passeggeri. Siamo in quasi tutti gli aeroporti italiani, con Fiumicino che è diventato il fiore all’occhiello grazie al fast to check. Poi Barcellona, Madrid e altri scali in Spagna, Brasile e Messico".
A quanto ammonta il fatturato globale?
"Siamo a quota 80 milioni di euro nelle quattro divisioni. Uno dei fattori distintivi della Cassioli è che più del 40% dei 400 dipendenti ha una laurea in ingegneria o ad alta specializzazione tecnica. Con le loro esperienze e conoscenze si sono messi a disegnare linee produttive in Italia, in Brasile e Polonia. Gli Stati Uniti sono un mondo particolare, hanno le loro regole. Nonostante abbiamo già venduto impianti per milioni di euro, grazie al nostro ufficio commerciale a Birmingham, in Alabama, per iniziare a produrre in Georgia bisogna lavorare sodo".
Il salto importante è avvenuto negli anni ’70?
"Dal legno e dall’industria del mobile, che era entrata in crisi in quegli anni: con tanti mobilifici costretti a chiudere, la Cassioli entrò nella divisione del bianco. L’avvento del software negli elettrodomestici aprì le porte di nuovi mercati e di commesse importanti. Dall’Electrolux di Firenze all’azienda di Siena, oggi Whirlpool, il Gruppo è riuscito ad acquisire competenze e tecnologie nell’automazione e nella logistica interna così da implementare anche le altre divisioni, dall’aeroportuale agli pneumatici".
Qual è la divisione con fatturati maggiori?
"L’aeroportuale è stabile, si aggira sugli 8-10 milioni di euro all’anno. Dopo il bianco degli anni ’80, è il gruppo degli pneumatici, il tire, con i maggiori volumi di affari. Va citata anche l’intralogistica, con clienti importanti come Stosa cucine, per la quale curiamo i magazzini e la movimentazione. È un partner cruciale, data anche la vicinanza geografica tra Cassioli e Stosa. Siamo entrambi gruppi nel sud della provincia di Siena".
Cassioli è un’azienda familiare. Quali sono i ruoli della famiglia nella governance?
"Io sono amministratore delegato, mio fratello Paolo è presidente. Mio nipote Filippo, figlio di Paolo, è vicepresidente automation, mio figlio è a capo della progettazione tecnica. Ma stiamo inserendo dirigenti non della famiglia. Giacomo Valdambrini, della direzione commerciale, è nel consiglio d’amministrazione. Per un’azienda familiare è una novità importante. Perché tutti i gruppi con questa caratteristica o cambiano e si evolvono alla terza generazione o rischiano di sparire. Serve una mentalità internazionale per crescere".
Un aspetto particolare della storia della Cassioli è che le grandi crisi finanziarie, a cominciare da quella del Monte dei Paschi, non hanno mai pesato nella crescita, come è invece accaduto per altre imprese toscane. Perché?
"Non siamo mai stati un’azienda assistita, che ha usato la leva finanziaria per fare il passo più lungo della gamba. In ottant’anni ci siamo reinventati tante volte, diversificando le produzioni e immettendo robuste dosi di innovazione nei nostri processi produttivi e nei mercati di sbocco. Non abbiamo mai avuto crisi profonde, se c’era una divisione in difficoltà, c’era un’altra che andava bene. Abbiamo un portafoglio d’ordini doppio rispetto ai fatturati, nonostante la pandemia e la guerra".
Compiere ottant’anni oggi vuol dire aver superato tanti momenti complicati.
"La nostra parola d’ordine è dare corpo a progetti sempre più sfidanti, portare a casa l’ordine anche a costo di perdere soldi. È questo il fattore che vale di più nei mercati internazionali".
Il 15 aprile festeggerete gli ottant’ anni a Torrita?
"Sì, sarà una festa dedicata ai dipendenti, ci saranno 700 invitati. Vogliamo far capire alle famiglie dove lavorano i nostri collaboratori. Ci saranno anche le autorità, a partire dal presidente della Regione Eugenio Giani e dall’assessore alle attività produttive Leonardo Marras, i vari sindaci della zona. Sarà un momento per condividere con tutti un’avventura di successo".