Martedì 23 Aprile 2024

«Ma è solo una frenata passeggera L’economia gode di buona salute»

L’ECONOMIA Usa continua a tirare, anche se i ricchi piangono. Per Alberto Bisin, economista della New York University, il fatto che i paperoni americani stiano spendendo poco e comprando meno case di lusso è un trend come tanti, che non va drammatizzato e non è certamente un segnale determinante per prevedere una recessione dietro l’angolo.

Quindi non c’è una recessione all’orizzonte?

«C’è molta incertezza sui mercati, perché tutte le volte che Trump parla e minaccia nuovi dazi contro la Cina i listini crollano, ma l’economia reale non va male, il Pil continua a crescere a un ritmo sostenuto e l’occupazione tiene».

Molti suoi colleghi, però, prevedono una recessione entro il 2021.

«Gli economisti non sono molto bravi a fare previsioni, come si è visto più volte, e io meno degli altri. È chiaro che il protezionismo dell’amministrazione Trump sta facendo gravi danni, non solo con i dazi effettivamente applicati ma anche con gli annunci, che aumentano enormemente la volatilità dei mercati. E si sa che le crisi economiche possono anche scoppiare nel mondo finanziario, per poi infettare l’economia reale, com’è successo nella grande crisi del 2008. A forza di tirare la corda, Trump potrebbe scatenare una crisi, ma per ora l’economia reale non risente delle sue sparate».

Ne risente, però, l’economia europea...

«Certo, i dati che provengono dalla Germania sono chiarissimi. Le ripercussioni delle guerre commerciali innescate da Trump stanno facendo molto male all’economia europea, che è abbastanza grande da poter innescare una crisi globale. In questo caso sarebbe l’Europa che infetta gli Usa, mentre l’altra volta è stato il contrario. I segnali negativi ci sono tutti sul piano globale, ma l’andamento futuro non è scontato».

Non crede che Trump potrebbe rinunciare alla sua deriva protezionista, visti i danni che sta causando?

«Lo escludo. Questa campagna rientra perfettamente nel personaggio, anche dal punto di vista psicologico. Fa parte della sua natura attaccar briga con tutti, vicini e lontani, alleati e nemici, quindi continuerà, a prescindere dai danni che provoca. Continuerà a sostenere che bisogna alzare i dazi e svalutare il dollaro. Continuerà a litigare con il capo della Fed, Jerome Powell, e a esercitare una fortissima pressione per piegarlo alla sua volontà. Per adesso la Fed resiste, ma non so quanto terrà».

I mercati, però, lo tengono sotto tiro.

«Non tornerà sui suoi passi, anche se si rende conto che a ogni annuncio fa crollare i listini. Al massimo potrebbe astenersi da un’escalation senza fine nell’aumento dei dazi, ma sarà difficile tornare indietro alle relazioni commerciali normali che c’erano prima della sua elezione».

I danni che provoca, però, si vedono. I suoi elettori continueranno a sostenerlo alle elezioni dell’anno prossimo?

«Se ci fosse davvero una recessione, non ce la farebbe. In caso contrario sarà difficile far girare il voto del Wisconsin in favore dei Democratici. È possibile che la base economica che l’ha eletto, cioè l’America agricola e quella del manifatturiero (che sta sparendo), non vedano più alcun vantaggio nella sua presidenza, che in effetti non li ha particolarmente favoriti. Il problema è che per ora i candidati democratici non stanno parlando all’elettorato di Trump, ma stanno facendo a gara, con Elizabeth Warren e Bernie Sanders, fra chi è più a sinistra. Al centro ci sono praterie, che per ora non interessano a nessuno. Se andranno avanti così, resteranno in mano a Trump».

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