Spread su, l'esperto: "Ma la Bce non c’entra. Avete solo perso tempo"

L’economista tedesco Gros: gli investitori non credono più alle promesse di Roma. "Non approfittare dei tassi a zero per ridurre il debito un’occasione sprecata"

L'economista tedesco Daniel Gros

L'economista tedesco Daniel Gros

Inflazione da record e tassi da choc. La doccia gelata della Bce sull’economia europea surriscaldata potrebbe costare cara all’Italia, il sesto Paese più indebitato del mondo e il secondo in Europa dopo la Grecia. Per l’economista tedesco Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies, ora è il momento di tirare i remi in barca, prima che sia troppo tardi.

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Lo spread fra Btp e Bund a 240 cosa significa per l’Italia?

"Avere un debito pubblico che supera il 150% del Pil è un rischio latente di cui non ci si accorge quando i mercati dormono. Lo si vede solo quando i mercati si risvegliano, ma in realtà c’era anche da prima. Ora che è cambiato lo scenario economico il nervosismo sta aumentando e questo mette in moto una spirale che si autoalimenta. È chiaro che d’ora in poi il debito pubblico italiano costerà molto di più allo Stato".

Quali sono le misure più importanti da adottare?

"Per il momento non si tratta di mettere in piedi in fretta e furia una manovra di tagli, ma semplicemente di lavorare per far vedere agli investitori uno scenario politico stabile. Se adesso la maggioranza s’impegna sull’austerità ma poi si spacca, non serve a nulla. I titoli di Stato a dieci anni scontano il futuro, non il presente. Quello che ci vorrebbe è un segnale di responsabilità da parte di tutti i partiti, da cui risulti chiaro che sono disposti ad arrivare a un percorso di risanamento condiviso delle finanze pubbliche. Dimostrare unità d’intenti in un frangente del genere è molto importante per i mercati".

Altrimenti, che cosa rischiamo?

"Con un debito così alto, i deficit che permangono e l’incertezza della situazione politica interna, è chiaro che l’Italia rischia un’altra stagione difficile".

Da cosa dipende questa impennata così rapida dello spread?

"Non credo che dipenda dalle mosse della Bce. Il denaro non poteva restare quasi gratis per sempre e si sapeva già che prima o poi avremmo dovuto uscire da questa condizione anomala. Non è lì il problema. È piuttosto il mercato ora si rende conto di aver scontato per troppo tempo uno scenario molto positivo per l’Italia, che però non si sta materializzando".

Uno scenario di finanza pubblica più virtuosa?

"Certo. Negli ultimi dieci anni, quando la congiuntura era migliore, l’Italia avrebbe potuto raddrizzare la barra della spesa pubblica, così come ha fatto il Portogallo, che ha aggiustato il suo deficit. Se lo avesse fatto, oggi avrebbe un debito più basso e le costerebbe molto di meno".

Abbiamo perso il treno per raddrizzare la barra?

"Non è mai troppo tardi, anzi, si tratta di misure urgenti. Peccato che si sarebbero potute prendere quando l’economia era in crescita, mentre adesso si dovranno prendere in un momento in cui l’economia sta rallentando e una politica recessiva non conviene. Ma l’Italia non ha altra scelta".

L’Europa va verso una recessione?

"Non credo. Se il prezzo del petrolio rimarrà a questi livelli, la recessione si potrà evitare, ma la crescita sarà più modesta del previsto. Questo rallentamento è dovuto all’aumento del prezzo del petrolio e finché l’economia europea dipenderà dall’estero per le proprie forniture energetiche, dovrà adeguarsi".