Giovedì 18 Aprile 2024

L’eterno ritorno dei premi dati senza merito

Claudia

Marin

A ogni tornata di rinnovo dei contratti dei grand commis dello Stato – e dunque anche in quella in corso – si ripropone il leit motiv fondato sul principio del premiare capacità e merito dei manager della Pubblica amministrazione sulla scorta dei risultati ottenuti. Peccato, però, che, come si dice, di buone intenzioni è lastricata la strada dell’inferno. E, alla fine, l’esito finisce per essere uno e uno soltanto: i "premi" retributivi vengono distribuiti a pioggia e vanno a rimpolpare le laute buste paga di tutti i dirigenti. Sono decenni che tutti i ministri della Funzione pubblica, come anche i vertici dell’Aran, l’Agenzia della negoziazione dei rinnovi contrattuali nel pubblico impiego, si pongono l’obiettivo di "misurare" le cosiddette performance della dirigenza dello Stato, delle regioni, degli enti nazionali e locali. Si sono, nel tempo, istituiti anche organismi ad hoc per stilare le pagelle dei grand commis. L’esperienza concreta, però, ha dimostrato ampiamente il fallimento di ogni tentativo di differenziazione retributiva fondata sulla valutazione dei risultati o dei carichi di lavoro. Basta scorrere le sezioni dedicate alla trasparenza sui siti di ministeri, agenzie e strutture pubbliche per rendersi conto che, salvo rarissime eccezioni, la voce "retribuzione di risultato" annuale appare uguale per tutti i dirigenti della specifica amministrazione. Il consociativismo sindacale e quello politico, del resto, hanno sempre impedito un vero salto di qualità verso un sistema di remunerazione basato sul merito. Appare, dunque, un’impresa impervia, se non impossibile, riuscire a cambiare la realtà dei fatti con poche norme contrattuali, se prima non si scardina quel meccanismo che lega politici, grand commis e sindacati dell’alta dirigenza pubblica.

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