Giovedì 18 Aprile 2024

«Le posate, i nostri gioielli» Pinti Inox e 90 anni di storia

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Quaranta milioni di posate prodotte ogni anno, 27 milioni di fatturato e 90 anni di storia. È la Pinti Inox, impresa gioiello dello storico distretto di Lumezzane, dove la lavorazione dei metalli è nel Dna del territorio e i rapporti tra aziende e fornitori vengono presi come modello nella letteratura economica sui distretti. Adesso la Pinti Inox è una holding formata dai brand Pintinox, Pinti1929, KnIndustrie e Schönhuber-Franchi e porta i suoi prodotti (posate ma anche pentole da ristorazione e accessori tavola) in tutta Europa e in Medio Oriente con un export che vale 16 milioni.

Tutto nasce da Giacomo Pinti che nel 1929 apre un’azienda per commerciare posate. «Pinti non è un cognome di Brescia – racconta Silvia Pinti, human resources manager della Pinti Inox, quarta generazione in azienda –. Questo cognome è stato dato a Giacomo in ospedale: era orfano. Una persona partita da zero. Era bravissimo in matematica. Ha iniziato come commerciante e vendeva anche posate in ottone cromato. L’azienda, poi, ha iniziato a produrre e, superate le difficoltà della guerra, si è ingrandita. I tre figli di Giacomo hanno spostato lo stabilimento a Sarezzo da Lumezzane e hanno aumentato la capacità produttiva».

Siamo nel distretto di Lumezzane, una zona votata alla lavorazione dei metalli e un esempio molto studiato.

«Pensi che mi è stato chiesto del distretto di Lumezzane durante un esame all’università. Questa zona è diventata quella di adesso grazie ad un felice mix di elementi: le miniere e la presenza di torrenti e boschi che garantivano l’energia necessaria alla lavorazione dei metalli. E sono tre i principali settori produttivi, quelli storici: posate e pentole, rubinetteria e armi».

Quali sono le caratteristiche del distretto che resistono nonostante il mondo sia cambiato rispetto a quello del boom economico?

«Mi sono trovata a Bratislava a spiegare, a chi doveva valutare la solidità delle aziende, cosa vuol dire operare in un distretto come il nostro. Possiamo contare su una rete di fornitori molto specializzati a pochissimi chilometri di distanza. Il livello è molto alto e, qui, basta uscire dalla fabbrica per trovare qualcuno che ti mostra una nuova tecnica di lavorazione o qualcosa che potrebbe esserti utile. Inoltre, possiamo essere molto flessibili restando allo stesso tempo molto solidi».

In che senso?

«Nella Pinti Inox siamo in 120 e non ci sono interinali. I contratti a tempo determinato sono solo 3, gli altri sono tutti assunti a tempo indeterminato. La nostra forza lavoro è solida e sarebbe impensabile acquistare nuovi macchinari o assumere nuovo personale in base alle richieste del mercato. Possiamo permetterci la flessibilità necessaria nel lavoro grazie ad una rete di fornitori di alto livello di cui ci fidiamo ciecamente. Questi artigiani hanno una competenza tecnica molto specifica e questo ci permette spesso di sviluppare un prodotto a più mani».

Come sono stati gli ultimi mesi per la Pinti Inox?

«Abbiamo un fatturato realizzato in Italia per il 45% e all’estero per la parte restante. Siamo in crescita».

Il vostro mercato?

« In Europa siamo presenti un po’ ovunque. Diverso è il discorso per il Medio Oriente: abbiamo avuto risultati molto positivi in passato, ma questi scenari sono molto altalenanti».

Vi dividete tra clienti diretti e mercato retail, giusto?

« Il nostro core business è il settore Ho.re.ca (alberghi, ristoranti e catering, ndr). I grandi alberghi, per fare un esempio, chiedono stabilità, caratteristica che noi abbiamo, perché hanno bisogno di sapere che tra 10 anni avranno bisogno di altre 100 posate noi possiamo darle in tempi rapidi. Anche per questo, per noi il magazzino è fondamentale, tanto che rappresenta la metà del fatturato».

E il mercato retail?

«È rappresentato per la gran parte dalla grande distribuzione organizzata. Lavoriamo in private label producendo posate e pentole che poi vengono vendute con altri marchi».

La rivoluzione dell’industria 4.0 ha cambiato il modo di produrre le posate?

«Certo. Abbiamo investito un milione di euro per nuove soluzioni industria 4.0. Le nostre 8 linee di produzione con 85 modelli sono molto più reattive nel rispondere alle richieste del mercato. Il livello dei lavoratori si è alzato: abbiamo solo operai specializzati».

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