
PER LA COOPERAZIONE sociale è un periodo caldo, anzi, bollente: lo confermano gli scioperi che diversi gruppi di lavoratori del...
PER LA COOPERAZIONE sociale è un periodo caldo, anzi, bollente: lo confermano gli scioperi che diversi gruppi di lavoratori del settore hanno indetto, solo nell’ultimo mese, nelle principali città italiane, invocando, tra l’altro, l’apertura di un tavolo nazionale al ministero del Lavoro. E lo conferma il dibattito scatenato da una nostra recente intervista al presidente di Legacoopsociali, Massimo Ascari, il quale, dalle colonne del QN, aveva rivolto un appello alle istituzioni – dagli enti locali al governo – affinché fosse rispettato l’incremento salariale del 15%, previsto dal rinnovo del contratto nazionale Cooperative sociali. L’articolo, pubblicato sui canali social di Legacoopsociali, ha ricevuto centinaia di reazioni e commenti, mentre i rappresentanti del Comitato per i diritti degli educatori professionali di Piemonte, Marche, Emilia-Romagna, Sardegna e Lazio hanno indirizzato una lettera al giornale, chiedendo di far luce su un sistema "strutturalmente basato – dichiarano – sullo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori". Li abbiamo contattati e, in una lunga conversazione, ci hanno restituito – attraverso le storie personali loro e dei colleghi – un quadro caratterizzato, non di rado, da contratti non conformi agli inquadramenti previsti (i cosiddetti ‘sottoinquadramenti’, non adeguati alla formazione conseguita e alle responsabilità assegnate), stipendi esigui e incarichi discontinui. Conseguenza, questi ultimi, della sospensione di alcuni servizi in determinati periodi dell’anno, malgrado le necessità manifestate dall’utenza.
Un esempio? L’assistenza scolastica agli alunni con disabilità nei mesi estivi: laddove le cooperative stesse non provvedano all’organizzazione di centri estivi, la chiusura delle scuole lascia alle famiglie l’onere di occuparsi a tempo pieno dei figli con disabilità e, non di rado, costringe gli educatori a rimanere, per tre mesi, senza stipendio, né possibilità di accedere ad ammortizzatori sociali (perché spesso assunti dalle cooperative a tempo indeterminato). Secondo gli educatori – di cui si è fatto portavoce il marchigiano Federico Filippini (nella foto a destra) – quella catena che, rifacendosi all’articolo 45 della Costituzione, lega stato, enti locali e cooperative, sta mostrando, ora, tutti i suoi limiti. Tra appalti al ribasso e condizioni di lavoro sempre più svilenti per professionisti che operano in contesti sociali difficili e si fanno carico di responsabilità gravose, "le cooperative – concludono – finiscono per essere complici dello smantellamento del welfare". Come risponde, dunque, il presidente di Legacoopsociali alle obiezioni dei lavoratori? "Innanzitutto, voglio sottolineare che non ci dev’essere un ‘noi’ e un ‘voi’ – premette -: il bene dei lavoratori è il bene delle cooperative; la logica non dev’essere di contrapposizione, bensì di dialogo". Ascari aggiunge che la battaglia contro le gare d’appalto al massimo ribasso e la carenza di controlli ex-post, da parte degli enti locali, sulla qualità dei servizi erogati è, da anni, una prerogativa di Legacoop.
"Ci stiamo mettendo tutta l’attenzione possibile – prosegue – perché è fondamentale che i professionisti abbiano un’aspettativa di retribuzione dignitosa: le cooperative che non sono in grado di garantire la qualità arrecano un danno all’intero settore. Ce ne sono tante altre che si stanno organizzando, pur faticosamente e con soluzioni sperimentali, per risolvere le criticità menzionate dai lavoratori. Lo sforzo che dobbiamo fare, ora, è avviare un dialogo con tutte le parti interessate: con i lavoratori, certo, con le cooperative e, soprattutto, con i decisori politici. È ora che le istituzioni facciano la loro parte".