Martedì 23 Aprile 2024

Smart working: quali sono i luoghi da evitare. Ecco cosa si può e non si può fare

L’esperto: “Massima attenzione alla sicurezza del dipendente e alla privacy delle informazioni. Da non confondere con l’essere in vacanza”

Una lavoratrice in smart working

Una lavoratrice in smart working

Roma, 23 maggio 2023 – Smart working: è l’espressione anglofona che indica il ‘lavoro agile’ e che ha fatto irruzione nelle vite di ognuno durante la pandemia. Per alcuni era già da prima la normalità, per altri è sinonimo di maggiore libertà. Poter lavorare in qualunque luogo, svincolandosi dalla scrivania del proprio ufficio e con solo due ‘strumenti’, un pc e una connessione internet. 

Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali definisce questa “particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato” come una soluzione utile a conciliare la professione con la vita privata. Un modo per incrementare la produttività dei dipendenti e stimolarne la competizione ‘buona’, ma anche per coniugare al meglio dovere e riposo. In alcune aziende la modalità ibrida si affianca tutto l’anno a quella in presenza; in altre realtà, invece, soltanto in prossimità della bella stagione, per far sì che gli impiegati possano godere di maggiore flessibilità  e spostarsi nei luoghi di villeggiatura.

I luoghi dello smart working 

La normativa base che regola le modalità di svolgimento dello smart working prevede che le ore di lavoro si svolgano in parte nei luoghi fisici dell’azienda e in parte all’esterno. Tuttavia, il quadro normativo di diritti e doveri dei dipendenti in smart working non è ancora del tutto chiaro, soprattutto in situazioni particolari. Tra i tanti interrogativi legittimi: si può lavorare in luoghi che non siano casa propria?

"Dipende”, risponde Luca Furfaro, scrittore esperto di tematiche di lavoro e welfare, specializzato nella gestione del personale di startup innovative. Ogni datore di lavoro è tenuto a stipulare con i propri dipendenti un accordo individuale scritto, che specifichi in quali tipologie di posti si potrà lavorare e in quali, al contrario, è sconsigliato farlo. 

Questo per garantire in primis la sicurezza e il comfort dello stesso dipendente, ma anche per tutelare la privacy delle informazioni trattate. Lavorare in un luogo pubblico, come un bar, significa infatti rischiare di esporre a occhi indiscreti dati sensibili e informazioni riservate

Responsabilità e sicurezza 

Da non trascurare il benessere fisico della persona. Lavorare ‘outdoor’ è consentito, ma è necessario che si disponga della giusta illuminazione, di un piano di lavoro e una sedia con schienale, di un buon ricircolo dell’aria e di una connessione stabile alla rete internet. 

"Lo smart working è una modalità di lavoro che ci permette di riscrivere il nostro modo di lavorare, non i nostri obiettivi: non si deve quindi confondere con l'essere in vacanza. Il lavoro agile non prescinde dalla tecnologia, la connessione internet in primis è fondamentale e, qualora dovesse esserci una mancanza di connettività, la responsabilità sarebbe sempre del lavoratore”, spiega Furfaro. Una responsabilità a cui bisogna dunque prestare attenzione, per evitare che il giorno di lavoro perso venga considerato come un’assenza o un permesso. 

Un altro punto che merita la massima cura è la sicurezza. Nonostante l’immaginario collettivo continui a illustrare il ‘lavoratore agile’ in spiaggia e con i piedi in acqua, dal punto di vista normativo è possibile lavorare solo in luoghi che non aumentino il rischio di infortuni e che siano conformi alle regole di salute. Pur essendo tutelato da infortuni, anche nel tragitto percorso tra casa e lavoro, l’incidente deve sempre avere un nesso causale con l’attività lavorativa.

Il ‘lavoro agile’ all’estero

Lavorare in smart working all’estero, spostandosi da un punto all’altro del globo con la possibilità di gestire orari e spazi di lavoro è ormai un’aspirazione diffusa. In particolare tra chi lavora nel digitale. Un ‘sogno’ che si è diffuso con la nascita dei nomadi digitali, una categoria di lavoratori freelance che si muovono spesso, scegliendo il paese nel quale lavorare. 

Tale pratica ha però dei vincoli, in quanto non sempre si è a conoscenza del fatto che si è soggetti alla legislazione del paese in cui si intende lavorare per quanto riguarda retribuzione, inquadramento, orari di lavoro e sicurezza.

Prima di intraprendere questa scelta, seppur temporanea, sarebbe opportuno informare il proprio datore di lavoro  e verificare come tale periodo potrà essere gestito nel Paese scelto.

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