Martedì 15 Luglio 2025
REDAZIONE ECONOMIA

"Serve un piano Marshall per la formazione al lavoro"

CON UNA CADENZA regolare, come quella delle stagioni, in Italia sul lavoro prendono forma narrazioni lunari e i talk show...

CON UNA CADENZA regolare, come quella delle stagioni, in Italia sul lavoro prendono forma narrazioni lunari e i talk show...

CON UNA CADENZA regolare, come quella delle stagioni, in Italia sul lavoro prendono forma narrazioni lunari e i talk show...

CON UNA CADENZA regolare, come quella delle stagioni, in Italia sul lavoro prendono forma narrazioni lunari e i talk show televisivi spesso finiscono per riproporre un canovaccio e numerosi contenuti in tutto sovrapponibili a quelli di dieci, venti anni fa. Come se in mezzo nulla sostanzialmente fosse cambiato. Per chi quotidianamente opera a stretto contatto con decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di lavoratori, come le Agenzie per il Lavoro, ci sono alcuni punti chiari e nuovi, peraltro confermati dalle rilevazioni di tutti gli istituti di ricerca. Sul lavoro c’è stata una silenziosa rivoluzione copernicana, ieri mancavano i posti, oggi mancano i candidati, o quanto meno i candidati con le competenze necessarie. Ieri vi era una tendenza a crescere dei lavoratori a termine, ora è evidente la crescita di quelli a tempo indeterminato. Il settore delle Agenzie per il Lavoro è il primo a intercettare le nuove tendenze, per ovvie ragioni.

E annovera dati che spesso poco si confanno a narrazioni che per quanto lunari restano per lo più prevalenti. I quindicimila dipendenti diretti delle Agenzie hanno tutti contratti stabili e sono per lo più donne. Delle cinquecentomila persone in somministrazione impiegate un terzo ha un contratto a tempo indeterminato. Un giovane che entra nel mondo del lavoro attraverso una Agenzia quando il contratto scade accede più rapidamente a una nuova occasione e in generale accede prima a un lavoro a tempo indeterminato. Se si analizzano i percorsi delle persone assunte a tempo indeterminato si noterà che i lavoratori impiegati tramite Agenzia ancora occupati dopo diciotto mesi sono di più di quelli che avevano il contratto diretto con una azienda (70,3% contro 56,9%). Come certificano i recenti dati del rapporto Istat è pur vero che ci sono anche questioni che restano uguali a decenni fa e altre alle quali prestare grande attenzione, ma che titolano poco. Cresce, per esempio, di più il lavoro meno qualificato e, complici gli stipendi bassi, non stenta a rallentare l’emigrazione, mentre l’Italia si conferma poco attrattiva per i lavoratori qualificati stranieri e distante dagli altri Paesi per la domanda di professioni innovative. Rispetto ad altri Paesi Europei, infatti, da noi risultano meno richiesti sviluppatori e analisti software e più richiesti, invece, installatori e riparatori. È evidente che c’è una questione di qualificazione del lavoro e bene è che la formazione stia tornando al centro dell’agenda politica e istituzionale.

Su questo fronte occorrerebbe alacremente lavorare senza distinzioni di sorta, con un piano Marshall per la formazione al lavoro contemporaneo e prospettico. Altrimenti gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea per il 2030 per un raddoppio degli occupati nelle Ict, che implica per l’Italia uno slancio dal 4% attuale di occupati nel settore al 7,3%, rischia di rimanere, anche quello, un obiettivo lunare. Ci sarebbe poi, contestualmente, l’esigenza di intervenire sui circa tre milioni di occupati in nero, sul lavoro precario, ovvero legato a cooperative spurie, create per pagare meno e stare con le mani più libere con i lavoratori; sul ricorso eccessivo e disinvolto al subappalto, più o meno genuino; sull’uso strumentale e truffaldino delle reti di impresa, anche qui, per ridurre costi e tutele per il personale. Ma sono temi complessi, titolano poco, rischiano di restare, ahimè, nelle retrovie.

* Presidente Assolavoro