Mercoledì 24 Aprile 2024

Ripensare il rapporto impresa-dipendente

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Francesco

Rotondi *

Il tema della settimana corta, o meglio, più in generale quello della flessibilizzazione dell’orario di lavoro è diventato negli ultimi anni centrale nel dibattito fra i player del mondo del lavoro. In particolare, ci si è chiesti se e quanto soluzioni di questo tipo siano effettivamente utili ad incrementare la produttività ed il benessere dei lavoratori. Ancor di piu ci si domanda come implementare, dal punto di vista tecnico, questa misura. L’argomento è divenuto ancor più di attualità a seguito del superamento della pandemia, quando è risultato evidente che, se da un lato il lavoro poteva essere reso in modalità differenti, dall’altro lato, la scala valoriale del lavoratore aveva decisamente virato verso l’ottimizzazione del proprio tempo di lavoro. Su questo aspetto, le sperimentazioni si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutti i Paesi europei e i primi risultati paiono essere molto incoraggianti, anche nell’ottica di una futura universalizzazione della misura. In realtà, ritengo che il cuore del dibattito non sia la ‘settimana corta’ in sè, bensì, a monte, il ripensamento complessivo del rapporto tra l’impresa ed il lavoratore dipendente, verso una – nuova? – prospettiva di valorizzazione del risultato, o meglio, della qualità del lavoro rispetto al tempo impiegato. Personalmente, ho sempre sostenuto che il tempo impiegato per rendere una prestazione non fosse un indicatore di per sé rilevante, ma che, piuttosto, lo fosse la qualità che si riesce ad esprimere anche in un tempo inferiore. Solo se si condivide questo assunto, la ‘settimana corta’ può divenire un valore.

Ciò posto, occorre guardare con estremo favore alle sperimentazioni in corso anche nel nostro Paese le quali si innestano sulla ricerca di differenti modelli organizzativi, il che rende vieppiù evidente come lo strumento (della settimana corta, ma non esclusivamente) debba passare attraverso la negoziazione in sede aziendale. Solo a livello decentrato, infatti, è possibile trovare una sintesi fra l’interesse alla produttività della singola azienda e le istanze legate alla qualità della vita dei lavoratori. In un simile, variagato quadro, va quindi accolta con estremo favore l’iniziativa del presidente della commissione Lavoro volta ad avviare un’indagine conoscitiva sul fenomeno, fermo restando che un’eventuale previsione di legge in materia correrebbe il rischio, nell’omologare la tutela in una dimensione trasversale, di irrigidire lo strumento, privando lo stesso della fondamentale duttilità. Sarebbe, di converso, maggiormente utile, come auspicato da più parti, avviare una più profonda riflessione attorno al nucleo dal quale originano le istanze della “settimana corta”, ovvero il modello della subordinazione e, segnatamente, la relativa (in)adeguatezza nel rispecchiare le istanze dell’attuale mercato del lavoro.

* Giuslavorista, co-founder di LabLaw

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