
LAVORARE all’estero? Sì, ma non nell’Unione Europea. La mobilità internazionale dei lavoratori è ripresa dopo la pandemia, ma il vecchio continente – salvo l’eccezione numericamente trascurabile del Lussemburgo – sta incontrando difficoltà nell’affermarsi come destinazione preferita da chi è in cerca di occupazione all’estero. Solo il 2,8% dei clic su annunci di lavoro per posizioni nell’Ue, infatti, proviene da oltre i confini degli Stati membri. Una percentuale in crescita rispetto ai minimi registrati in periodo di pandemia, ma molto al di sotto dei clic provenienti dall’estero totalizzati dagli annunci di lavoro in Paesi come il Regno Unito, il Canada, l’Australia e gli Stati Uniti. È quanto emerge dall’analisi di Indeed sull’andamento delle ricerche di chi vuole lavorare all’estero. Nell’aprile 2021, il punto più basso della pandemia, solo l’1,5% dei clic per posizioni nell’Ue proveniva da persone basate fuori dall’Unione. Da allora la crescita è stata dell’82%, tuttavia nettamente inferiore rispetto agli incrementi di ricerca negli altri Paesi. Nel Regno Unito, nello stesso periodo, la percentuale di ricerche di lavoro da parte di persone basate all’estero è passata dal 2,2% al 5,5%, con un aumento del 146%.
Più del 17% di ricerche di lavoro per posizioni basate in Australia, nel mese di giugno 2023, proveniva da oltre confine. In Canada, invece, quasi l’11% delle ricerche proveniva dall’estero, con valori più che doppi rispetto al 5,1% dell’aprile 2021, ma ancora leggermente al di sotto del picco del 13% circa di settembre 2022. Negli Stati Uniti circa il 3,2% delle ricerche di lavoro proveniva dall’estero, in crescita rispetto al 2,1% del 2020, ma ancora inferiore rispetto al picco pre-pandemico del 4,2% del 2019.
Per quanto l’interesse a lavorare nei grandi mercati di lingua inglese sia più alto rispetto a quello per l’Ue, non sono questi i Paesi più attrattivi. Secondo le analisi di Indeed, infatti, sono nazioni più piccole come il Lussemburgo, l’Oman e la Svizzera (tutte con percentuali di ricerche dall’estero tra il 40% e il 75%) a registrare le più alte percentuali di lavoratori stranieri. Le occupazioni più interessanti per chi cerca lavoro all’estero sono lo sviluppo software, la preparazione del cibo e i servizi correlati e i servizi.
"L’Ue fatica ad affermarsi tra le mete più ambite dai lavoratori – commenta Pawel Adrjan (nella foto), direttore di Emea & Apac Economic Research – Per aumentare la competitività è essenziale rafforzarne l’appeal quale hub per l’occupazione globale. Accordi specifici con gli altri Paesi e lo sfruttamento dei punti di forza delle singole regioni potrebbero giocare un ruolo importante per attrarre le competenze e i lavoratori desiderati".
In Italia, le categorie professionali con la crescita più significativa in termini di clic provenienti dall’estero rispecchiano il trend della Ue, con l’eccezione dello sviluppo software, che non figura nella “top five“. La preparazione di cibo e i servizi correlati si posizionano al primo posto, con un incremento di 1,8 punti percentuali dal 2019. Per le altre categorie (produzione e manifattura, addetti alla guida, installazione e manutenzione, agricoltura e silvicoltura), sono numerosi i clic da Regno Unito, Stati Uniti e Marocco, che pesano per più del 40% del totale delle richieste provenienti dall’estero. Tuttavia il nostro Paese si colloca al di sotto della media europea in quanto a ricerche di lavoro dall’estero (2,2% rispetto a una media del 2,8%) e solo al cinquantesimo posto nella classifica dei 62 Paesi analizzati da Indeed.