Sabato 20 Aprile 2024

I robot aiutano l’occupazione. Venti milioni sono già al lavoro

Secondo l’International Federation of Robotics, sono i migliori amici dell’uomo: spostano le merci nei magazzini, puliscono le case, falciano i prati e aiutano i chirurghi a condurre le operazioni

Robot

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I robot sono i migliori amici dell’uomo: aiutano nei lavori più pesanti o delicati e, a sorpresa, non distruggono posti di lavoro ‘umanì, anzi li aumentano e li migliorano. Sono circa 20 milioni i robot sparsi sul pianeta, e di questi oltre 3 milioni lavorano nelle fabbriche, secondo l’International Federation of Robotics, un’associazione industriale mondiale. Altri milioni di robot spostano le merci nei magazzini, puliscono le case, falciano i prati e aiutano i chirurghi a condurre le operazioni. E a sorpresa si scopre che nei Paesi più ‘robotizzati’ il lavoro non diminuisce. Anzi aumenta. A fare il punto è un’analisi contenuta nell’ultimo magazine sull’innovazione di Ipsoa dell’esperto di comunicazione Stefano Latini, analisi nella quale si fa il punto sul rapporto tra le ‘macchinè e il lavoro.

"I robot – spiega Latini – saranno dirompenti nel loro affermarsi ma estremamente vantaggiosi per i mercati del lavoro. Un esempio per tutte le economie: il Giappone e la Corea del Sud hanno la più alta penetrazione di robot, milioni, ma al contempo la forza lavoro è altrettanto elevata. In particolare, uno studio della Yale University che ha esaminato la produzione giapponese tra il 1978 e il 2017 ha rilevato che un aumento di un’unità robotica ogni 1.000 lavoratori ha aumentato l’occupazione di un’azienda del 2,2%. E ancora, una ricerca della Bank of Korea ha rilevato che la robotizzazione ha spostato i posti di lavoro dalla produzione ad altri settori, ma che non vi è stata alcuna diminuzione dei posti di lavoro complessivi, semmai un arricchimento del capitale lavoro umano".

Naturalmente, "la marcia dei robot porterà grandi cambiamenti nei luoghi di lavoro. Anche le competenze e le aziende premiate cambieranno. Ma questo non deve essere il disastro che molti temono. Un presunto esempio di ‘cattiva automazione’ sono le casse self-service nei supermercati, perché sostituiscono i lavoratori umani. Ma questo non è certo distopico: i robot potrebbero svolgere lavori, come la macellazione, che sono spiacevoli o stigmatizzati. E il personale alla cassa che si riqualifica per aiutare i clienti a prelevare gli articoli dai corridoi potrebbe scoprire che trattare con persone ‘richiedenti’ è più gratificante che passare tutto il giorno a scorrere codici a barre davanti ai laser". E nelle fabbriche? "Lo stesso cambiamento. Minore esposizione a rischi e a usura fisica e una ricollocazione al controllo, alla gestione computerizzata e tramite IA di decine di robot che si muovono coordinati dal personale in un ambiente non certo a misura di individuo".

Ma la sfida maggiore è quella di realizzare ‘robot a misura’ delle persone: "I robot che lavorano con le persone richiedono un addestramento speciale. E c’è ancora molta strada da fare. La maggior parte dei robot, infatti, esegue compiti ben definiti, mentre quelli mobili utilizzano i loro sensori per evitare di urtare le persone. I robot devono iniziare a vederci, a noi umani, come qualcosa di più di un semplice ostacolo da aggirare. Devono lavorare con noi e mostrare di essere capaci di anticipare ciò di cui abbiamo bisogno. Per far questo c’è ancora da studiare ed elaborare".

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