Mercoledì 24 Aprile 2024

Gi Group lancia la sfida dell’occupazione giovanile

Gi Group lancia la sfida dell’occupazione giovanile

Gi Group lancia la sfida dell’occupazione giovanile

MOLTE delle criticità legate all’inserimento delle nuove generazioni nella galassia occupazionale, pur con gradazioni e sfumaure diverse, sono comuni a tutte le nazioni, ma il tema in questione, per Belpaese, è particolarmente spinoso. E se a farlo presente è la costola italiana di uno dei maggiori player globali del mondo delle agenzie per il lavoro, quella Gi Group Italia che, in seno a Gi Group Holding, rappresenta uno dei principali attori nazionali di settore, il parere è di quelli particolarmente autorevoli. Del resto, come spiega Zoltan Danghero (nella foto a destra), managing director del braccio tricolore di un polo di selezione, formazione e consulenza da seimila dipendenti e ventimila clienti e presente in 29 Paesi, "a parlare sono prima di tutto i numeri". Sullo sfondo di un’Italia in cui la questione Neet (i giovani che non studiano, non si formano e non lavorano) assume i contorni del dramma (siamo fanalino di coda nell’Ue con una quota del 25%, contro il 21% dei greci, il 10% dei tedeschi e il 7% di Svezia e Paesi Bassi). E in cui il tasso di dispersione scolastica è tra i più elevati (il 13,1% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente la scuola nel 2020, contro il 9,9% della media europea).

Mentre sul fronte della disoccupazione giovanile (24,5%, meglio solo di Grecia e Spagna, contro il 5,7% della Germania) si continua a peggiorare (5mila unità in più solo tra febbraio e marzo di quest’anno). E, come se non bastasse, il mercato lavorativo continua a presentarsi poco sostenibile, poco equo sulle questioni di genere (meno di un’italiana su due lavora) e incapace di trovare lavoratori sufficienti a pareggiare le richieste delle aziende (Gi Group stima il 40% delle figure professionali "di difficile reperibilità", per un +4,7% il mese scorso rispetto a maggio 2021). Tutto questo mentre i nostri giovani, all’indomani dell’ok del Senato alla riforma che muterà gli Its in Its Academy, rafforzando la cabina di regia dell’istruzione tecnica e il suo legame con università e imprese, continua a snobbare un tipo di percorso che, in realtà, garantisce all’80% dei diplomati un posto di lavoro a un anno dal diploma (contro il 68% dei laureati triennali in economia e il 77% in ingegneria).

Del resto, commenta Danghero, "in Italia c’è innanzitutto un problema di competenze e di orientamento dei giovani", ma "le soluzioni esistono e vanno messe a sistema". A partire da "strumenti come ITSIFTS e Apprendistato di I livello, ancora troppo poco conosciuti e diffusi in Italia" e dalla persistenza di una "resistenza tipicamente ‘culturale’ alla costruzione di una collaborazione tra pubblico e privato, soprattutto in materia di politiche attive" alla quale "va messa la parola fine". Il percorso di Gi Group, in questo senso, è volto a "dare un contributo in entrambe le direzioni, lavorando a fianco delle scuole e dei professori sui temi dell’orientamento degli studenti e costruendo, nel nostro training hub fisico (nella foto a sinistra) e digitale, un catalogo formativo costruito sulla base delle esigenze del mercato che permetta ai giovani di acquisire le competenze più ricercate e di imparare un mestiere".

Nel solco, peraltro, di una riforma degli Its che "apporta alcune modifiche che crediamo vadano nella giusta direzione, come, in primis, la scelta di un nuovo nome – Istituti Tecnologici Superiori o ITS Academy – che può sembrare un aspetto superficiale ma contribuisce a fornire una nuova dignità alla materia". Bene, poi, anche "l’attivazione di un Fondo di finanziamento stabile per gli ITS, l’ampliamento a nuove aree tecnologiche e il rafforzamento del rapporto con i territori".

Lorenzo Pedrini

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