Il Gender Pay Gap in Italia: perché le donne guadagnano meno (e quanto)

Tra il 2017 e il 2019 il divario di retribuzione si era ridotto, salvo poi tornare a crescere con rapidità durante la pandemia

È con il termine ‘Gender Pay gap’ che si intende la differenza media che sussiste tra i salari orari lordi percepiti dagli uomini e dalle donne. Uno dei valori attualmente più utilizzati per delineare le politiche di appianamento delle differenze salariali. E un fattore che, negli ultimi anni, sta svelando sempre più criticità.

Il gender pay gap
Il gender pay gap

Il genred pay gao e la pandemia

Tra il 2017 e il 2019, un incipit di cambiamento sembrava aprire le porte di un nuovo scenario, dove il gender pay gap si era notevolmente ridotto. Durante la pandemia, però, il divario è tornato a crescere con rapidità, tanto che il trend di chiusura 2022 vede una percentuale media che si attesta circa al 10%.

A quanto ammonta il divario salariale

Stando ai numeri, in Italia, il divario retributivo di genere varia da circa 3.000 euro a oltre 13.000 euro all'anno (a sfavore delle donne) a seconda dell’inquadramento: il divario percentuale più ampio tra retribuzione fissa (RBA) media di uomini e donne si riscontra nell’inquadramento operai, mentre tra i dirigenti quello con il valore assoluto maggiore. Questo quanto rileva ODM Consulting, società di consulenza HR di Gi Group Holding, nell’aggiornamento al primo semestre 2022 della sua indagine periodica sull’evoluzione delle retribuzioni in Italia.

Più brave e laureate ma meno pagate

Dati che fanno certo riflettere, soprattutto se letti “congiuntamente ad altri relativi alla presenza delle donne nel mercato del lavoro - commenta Miriam Quarti, Senior Consultant e Responsabile dell'area Reward&Engagement di ODM Consulting – Più di una lavoratrice su quattro risulta sovra-istruita rispetto al proprio impiego e, sebbene si laureino con voti maggiori e in percentuale più elevata rispetto agli uomini, le donne sono meno presenti in ruoli apicali o direttivi, confermando l’esistenza del soffitto di cristallo. Guardando proprio a questi ruoli, però, quando le donne arrivano a ricoprire tali posizioni, non si osservano differenze tra i loro pacchetti retributivi e quelli dei colleghi uomini”.

La famiglia

Lo scenario si fa sempre più scuro, inoltre, se si pensa che Istat conferma anche per il 2022 il più basso tasso di occupazione delle donne (51,4% donne vs 69,6% uomini) e un tasso di inattività femminile al 44%. E a incidere fortemente su quest’ultimo aspetto è la presenza di figli. Tra le donne che invece partecipano al mondo del lavoro è alta l’incidenza del part time (33,3% donne vs 8,6% uomini) e la velocità di inserimento risulta inferiore rispetto a quella degli uomini.

Il futuro e le politiche di diversity inclusion & equity

Ma non è ancora detta l’ultima parola. E il tema, ormai al centro di molteplici discussioni, potrebbe in futuro riscontrare dei miglioramenti. Questo perché, grazie a una recente indagine ODM Consulting condotta su campione di piccole, medie e grandi aziende italiane, a emergere è la consapevolezza della necessità di dotarsi di politiche di diversity inclusion & equity: oltre il 60% delle aziende (soprattutto tra le grandi) le ha già strutturate o sta prendendo in considerazione di farlo. Tanto che la tematica di genere è nella top 3 delle tipologie di diversità su cui si sta maggiormente intervenendo a livello aziendale, insieme a età e disabilità.

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