Formazione digitale scarsa È caccia ai tech talent

AAA TALENTI tecnologici cercansi. Dalla multinazionale all’azienda familiare, le imprese di ogni settore e dimensione stanno ricercando i migliori tech talent per accelerare i processi di trasformazione digitale proseguendo nella crescita e nello sviluppo del business. Secondo una recente stima Assintec-Assinform, in Italia ci sono 89mila posti di lavoro vacanti in questo settore e di questi circa 57mila rappresentano opportunità di lavoro accessibili anche per non laureati. In una situazione dove il mercato del lavoro è caratterizzato da un ampio turnover – visto che, secondo il ministero del Lavoro, lo scorso anno 2,2 milioni di persone si sono dimesse volontariamente (+14% sul 2021) – il ritmo elevato dell’innovazione tecnologica sta superando le capacità delle organizzazioni di formare e migliorare le competenze dei lavoratori, lasciando il 72% dei team informatici con importanti carenze. A livello di professioni più richieste dal mercato italiano, oltre un terzo dei vacanti nell’IT (circa 32mila) riguardano la figura del developer. Molto ricercati anche cloud specialist, enterprise architect, test specialist, data specialist e information security specialist.

Una tendenza che viene confermata anche a livello europeo: secondo il report ‘Demand for tech talent’ della società britannica Robert Half, i software developer sono la seconda figura IT più ricercata dalle aziende (58%) dietro ai tecnici di information security (59%) e davanti agli specialisti del cloud (55%). Il un recente sondaggio Gartner, il 73% dei direttori informatici si è dichiarato preoccupato dal logoramento delle proprie risorse IT messe sotto pressione da una situazione dove al settore informatico viene richiesto un importante impegno nella missione di crescita aziendale attraverso le potenzialità della trasformazione digitale. In questa situazione, le aziende stanno optando per offrire agevolazioni – come la modalità di lavoro agile, benefit e welfare aziendale – che non sempre sono sufficienti per risolvere le problematiche lavorative contingenti. Inoltre, un ruolo fondamentale sarà svolto dalla formazione aziendale, sia in ottica di employee engagement motivando e dando maggiore valore ai dipendenti, sia in ottica di competenze hard e soprattutto soft, come la comunicazione empatica e il public speaking.

Proprio sulla formazione l‘Italia dovrà fare un importante lavoro di reskilling nei prossimi anni, visto che presenta un costante ritardo rispetto alle principali nazioni europee sul tema delle competenze digitali. Secondo lo studio ‘Next Generation digITALY’ di The European House–Ambrosetti e Microsoft, l’Italia dovrà formare, entro il 2026, più di due milioni di occupati con competenze digitali di base per stare al passo con le necessità del mercato lavorativo. Un’impresa ardua, dato che siamo ultimi in Europa per numero di iscritti a corsi di laurea in materie Ict (Information and Communication Technologies) in rapporto alla popolazione (0,7 ogni mille abitanti, contro i 5,3 della Finlandia, leader in Europa) e che i laureati Stem, secondo l’Istat, sono solo circa un terzo del totale (e tra le donne non si tocca il 20%), nonostante l’alta occupabilità (85,7%, contro l’81,1% della media di tutti i laureati italiani).

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